GRAZIE!GRAZIE!GRAZIE!

VOLEVO RINGRAZIARVI DEL VOSTRO SOSTEGNO E HO LASCIATO UN COMMENTO AI VOSTRI...PER LA VERITA' VOLEVO SCRIVERE UN POST MA POI HO PENSATO DI METTERMI TRA I COMMENTI!!PER TUTTI QUELLI CHE VOGLIONO CLICCARMI DA OGGIPOTRANN TROVARMI ANCHE NELLADIRECTORY DEI BLOG ITALIANI ALL'INDIRIZZO www.Blogitaliani.com !!!!COMMENTATE COMMENTATE COMMENTATE!!!!!!ALLA PROX!!!!!

LETTERA NUMERO 3
Cari amici Nel ricordare per la prima volta da cristiano Oriana Fallaci, a due anni dalla sua morte, prendo atto con onestà e realismo che la sua libertà di pensiero, dote che anche i suoi più acerrimi nemici le riconoscono, è stata pari alla verità della realtà descritta, fatto che invece viene negato o contestato dai più. Io stesso mi sentivo contrariato quando scriveva: “L’islam è il Corano, cari miei. Comunque e dovunque. E il Corano è incompatibile con la Libertà, è incompatibile con la Democrazia, è incompatibile con i Diritti Umani. E' incompatibile col concetto di civiltà”. Eppure, all’indomani della mia conversione al cristianesimo lo scorso 22 marzo, ho scritto: “Ho dovuto prendere atto che, al di là della contingenza che registra il sopravvento del fenomeno degli estremisti e del terrorismo islamico a livello mondiale, la radice del male è insita in un islam che è fisiologicamente violento e storicamente conflittuale”.L’errore in cui incorsi fu di immaginare che l’islam potesse essere riformabile al suo interno grazie all’impegno dei musulmani moderati. Alla fine, dopo oltre cinque anni trascorsi condannato a morte dai terroristi islamici e reiteratamente minacciato dagli estremisti islamici, mi sono arreso di fronte all’evidenza: si può essere musulmani moderati come persone, ma non esiste un islam moderato come religione. Invece l’errore in cui incorse Oriana fu quello di non scindere la dimensione della religione da quella delle persone. Dalla netta e totale condanna dell’islam in quanto religione, dedusse la condanna implacabile e inappellabile dei musulmani in quanto persone. Si tratta di un passaggio arbitrario perché le persone non sono mai la trasposizione automatica e acritica della religione, bensì la sintesi della complessità del rispettivo percorso individuale, familiare, comunitario, nazionale, educativo, economico, culturale, politico; così come le persone non sono dei cloni che formano meccanicamente un blocco monolitico. Cari amici, Sono stati i fatti a imporsi e a dar ragione ad Oriana. All’indomani della sua morte il 15 settembre 2006, scrissi sul Corriere della Sera: “Per quelle coincidenze apparentemente fortuite ma che racchiudono chissà come un segno del destino, la morte di Oriana ha coinciso con l' esplodere della nuova «guerra santa» islamica scatenata contro il Papa. Quasi una tragica testimonianza della veridicità della denuncia, sonora e inappellabile, dell' incompatibilità di questo islam e di questi musulmani con la civiltà e l' umanità dell' Occidente. Che Oriana aveva assunto come fede e missione da diffondere ovunque nel mondo nell' ultima fase della sua esistenza terrena profondamente segnata dal trauma dell' 11 settembre, vissuto in prima persona dalla sua abitazione newyorkese. E che nel giorno dell' addio si conferma come un dato di fatto con cui, piaccia o meno, tutti noi dobbiamo fare i conti. E' come se una misteriosa giustizia trascendentale, lei che si professava atea di cultura cristiana, avesse voluto premiarla con un' onorificenza indelebile, riscattando in extremis il suo messaggio dalla pesante cappa di diffamazione e condanna sotto cui giaceva, per presentarcelo in una luce a tal punto fulgida, da disarmare e mettere fuori gioco tutti i suoi critici e oppositori. Perché oggi più che mai possiamo toccare con mano la realtà dell' Eurabia, contro cui si era lungamente spesa Oriana, ovvero di un' Europa a tal punto infiltrata e soggiogata dagli interessi e dall' avanzata degli estremisti islamici, da non essere più in grado di risollevarsi, di reagire, di affermare i propri valori e la propria identità collettiva. Perché oggi più che mai appare con grande evidenza la fragilità, per non dire l' inconsistenza, del mito dell' islam e dei musulmani «moderati», una realtà che evapora e si dissolve nel momento in cui i «duri e puri» suonano la chiamata alle armi per combattere il nemico dell' islam di turno, ora tocca a Benedetto XVI, compattando un fronte che nel suo apparente monolitismo non lascia spazio alcuno alla distinzione tra le posizioni degli uni e degli altri, legittimando la condanna indiscriminata dell' insieme dell' islam e dei musulmani”.In un successivo ricordo di Oriana pubblicato da Magazine del Corriere della Sera, lo iniziai rammentando il rapporto di amicizia e di affetto che ci accomunò nel 2003: “Davvero, quando avrò (bene o male) concluso questo lavoretto, la primissima copia sarà per te. Più ti leggo, più ci penso, più concludo che sei l’unico su cui dall’alto dei cieli o meglio dai gironi dell’inferno potrò contare. (Bada che t’infliggo una grossa responsabilità)”. Era l’ottobre 2003. Da New York Oriana mi riservava parole affettuosissime mentre era tutta intenta a scrivere “La forza della ragione”. Un’amicizia che lei aveva intensamente ricercato, chiamandomi di persona a casa, intrattenendomi per ore al telefono, facendosi scrupolo di non creare problemi a mia moglie, chiedendomi con grande attenzione notizie sui miei figli. Un rapporto intenso alla cui base c’era un’enorme stima che lei aveva deciso di manifestare apertamente. Il 24 settembre 2003, il giorno in cui sul Corriere comparve una mia inchiesta dal titolo “I soldi delle moschee per i fanatici di Allah”, Oriana mi scrisse di proprio pugno un messaggio in inglese che mi fece pervenire via fax: “L’ho letto e ti ho amato. Ti ho anche odiato perché, Dio mio, era esattamente quello che (senza le tue informazioni) stavo scrivendo. Mi sono sentita un po’ derubata. Ma poi ho detto: meglio così. Non importa. Meglio così. E ora ti dico vai avanti. Senza lasciare che loro ti intimidiscano (lo faranno). Al contempo, per favore, fai attenzione. Fai quel che faccio io, ovvero quello che mia madre mi ha sempre detto: (in italiano) devi avere gli occhi nel culo. Credimi. So di che cosa sto parlando. Da due anni vivo quell’incubo. (in italiano) A tal punto che quando vado dall’oculista mi esamina la cornea dalle parti basse. Inoltre ho ricevuto i tuoi libri. Ieri. Grazie anche per quelli. E per le dediche affettuose. Non posso leggerli ora. Sto lavorando sodo con una scadenza mortale. Non ho nemmeno il tempo per respirare. (ammesso che avessi tempi i miei polmoni ormai sono andati). Ma lo farò certamente non appena l’incubo sarà finito. Nel frattempo ti mando la mia benedizione. Puoi accettare la benedizione di un’atea? Dovresti. Secondo me è la benedizione migliore. E non dire mai, mai, mai che ti ho adottato. Potrebbe causarti molto male. Molto. Tanto affetto da quella che io chiamo la Vecchia Signora”. Nell’articolo di apertura del Magazine svelai come Oriana avesse pensato di scrivere un libro-intervista insieme a me, in cui io avrei dovuto intervistarla, e come invece il progetto naufragò: “La Oriana-Cassandra l’ho conosciuta prima nella sua casa di campagna tra le colline del Chianti, che si identifica da lontano per il tricolore esposto sul balconcino della sua stanza, da lei voluto dopo aver saputo della gloriosa morte di Fabrizio Quattrocchi che, nell’attimo in cui i terroristi islamici si apprestavano a infliggergli il colpo di grazia, tentò di rimuovere la benda agli occhi dicendo: “Ora vi faccio vedere come muore un italiano”. Poi con Oriana ci siamo rivisti nella sua abitazione milanese in via Statuto, a due passi dalla sede del Corriere della Sera in via Solferino. Era l’inverno del 2004. Aveva deciso tutto lei. Comunicandolo al direttore Stefano Folli. Che mi aveva rigirato la sua richiesta: intervistare Oriana per un libro che avrebbe dovuto affrontare con maggiore dialettica il tema cruciale dell’islam e del terrorismo islamico. Una scelta che indubbiamente mi lusingava. Ma che presto mi creò un’angoscia incontenibile, mi fece scoprire una dimensione nascosta nella personalità di Oriana e si concluse con la fine di un idillio.Mi colpì la sua tremenda solitudine. Che contrastava in modo flagrante con la sua straordinaria fama e crescente popolarità. Provavo per lei grande tenerezza. Le portavo del tè, dei biscotti e dell’acqua naturale. Lei ingeriva soltanto liquidi. Si preparava da sola una minestrina nella cucina attigua alla sua stanza, dove dormiva e scriveva. Era ridotta a ossa e pelle. Ma aveva una lucidità eccezionale e una vitalità irrefrenabile. Preparavo le domande per iscritto. Oriana le leggeva. Registravo le sue risposte. Andammo avanti per giorni. Registrai per ore ed ore. Passai nottate a sbobbinare l’intervista perché lei aveva fretta di leggere tutto e di rimettere mano sull’insieme. Un giorno arrivò la sorpresa: Oriana, falciandomi con uno sguardo gelido, mi disse che non andava affatto bene, che le mie domande erano aggressive, che la punteggiatura nelle sue risposte non era stata rispettata. Prese in mano tutto, rilesse tutto, ma non era per niente convinta. C’era qualcosa di fondo che non corrispondeva alla sua attesa. Mi chiese di avere i nastri della registrazione e mi fece giurare che avrei cancellato qualsiasi traccia della nostra intervista dal mio computer. Feci tutto ciò che mi chiese. Il nostro rapporto finì così. Successivamente uscì il suo saggio “Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci”. Presi atto del fatto che lei non ammetteva la dialettica, che le sue parole non potevano essere confutate, che le sue tesi dovevano apparire in modo inequivoco e ispirare delle certezze assolute”. In conclusione tributavo un sonoro omaggio ad Oriana: “Ebbene dobbiamo riconoscere che Oriana ha avuto l’onestà intellettuale e il coraggio umano di affrontare di petto la radice del male del nostro secolo, l’ideologia dell’odio in seno all’estremismo islamico, con l’etica professionale e la passione della scrittrice che non si tira indietro di fronte ai mostri sacri, che non esita a infrangere i tabù del perbenismo ideologico, offrendocelo con un linguaggio d’eccellenza, coinvolgente, pungente, irriverente, messianico. Oriana ha svolto un ruolo straordinario nel contribuire a formare un sentimento di riscossa civile e di orgoglio nazionale nell’era della guerra globale del terrorismo islamico, dell’ideologismo nichilista all’insegna dell’anti-americanismo e dell’anti-ebraismo, del pacifismo militante, pregiudiziale, egoistico e perfino violento. Come Cassandra, Oriana ha assunto il ruolo dell’avanguardia rivoluzionaria che sprona le masse a ribellarsi alle forze del male, a prendere nelle proprie mani il proprio destino, ammonendo dalle tragiche conseguenze di un eventuale cedimento. Come Cassandra ha avvertito l’Occidente che l’enorme cavallo di legno dell’estremismo islamico, ovvero l’insieme della rete delle moschee dove si predica l’odio, le scuole coraniche, gli enti finanziari islamici, sono un artificio per conquistarlo dall’interno. Come Cassandra, le parole di Oriana sono cadute nel vuoto. Né ha avuto esito migliore la sua predicazione contro l’aborto e la sperimentazione genetica, individuati come sintomi della crisi dei valori e della società occidentale. Nella consapevolezza che se l’Occidente non si riconcilia con la propria tradizione cristiana, di cui lei era orgogliosa pur professandosi atea, non riuscirà mai a riscattarsi dal nichilismo etico e a sconfiggere la minaccia dell’estremismo islamico. Sono due facce della medaglia della sfida epocale in cui Oriana si è spesa con generosità fino all’ultimo dei suoi giorni”.Grazie carissima Oriana. Ti amo ricordare come la donna dal corpo gracile e dall’anima solida, che ti lasciavi accarezzare, stringere la mano e baciare sulle guance. Mentre tu eri sempre in pensiero e i tuoi occhi vagavano a 360 gradi, io percepivo la tua profonda solitudine. Mentre tu eri sempre vigile a tutto ciò che potevi captare dalla lettura dei giornali o dalle conversazioni telefoniche con i pochi “eletti” da te selezionati, io percepivo il tuo desiderio profondo di un contatto autentico con le persone in carne ed ossa. Ti ho voluto sinceramente bene ed ora te ne voglio ancor di più. Ti stimavo tanto ed ora ti stimo al punto da ritenere un dovere civile valorizzare il tuo pensiero e difendere la tua memoria. Vivrai sempre nel mio cuore e nella mia mente. Io non ti dimenticherò mai. Magdi Cristiano Allam

TRIBUTO A MAGDI CRISTIANO ALLAM

LETTERA NUMERO 2
Cari amici,la vittoria di Barak Obama è certamente un fatto di portata storica. Lo è indubbiamente per l’aspetto più manifesto: si tratta del primo presidente afroamericano degli Stati Uniti d’America. Ma io temo che sarà ricordato dalla storia non tanto per il colore della sua pelle, per le sue radici keniote e per il padre musulmano poligamo, ma perché sarà il presidente che accelererà il tracollo dell’America come superpotenza mondiale e, di conseguenza, condurrà alla disfatta dell’insieme della civiltà occidentale. Ciò coinvolgerà inesorabilmente l’Europa, quindi tutti noi, in un processo involutivo di decadenza sia sul piano economico, con il prevalere di una forma di capitalismo alla cinese caratterizzato dal materialismo assoluto e dal consumismo sfrenato senza regole etiche e diritti umani, sia sul piano sociale e culturale, con la diffusione del multiculturalismo infestato dal morbo ideologico del nichilismo, relativismo, islamicamente corretto, buonismo, laicismo, soggettivismo giuridico, autolesionismo e indifferentismo. Io sono sinceramente felice per la vittoria di un giovane di 47 anni alla guida degli Stati Uniti, a maggior ragione se incarna il riscatto di una minoranza etnica che arrivò in America come schiavi. L’America dimostra di essere una nazione dove il rinnovamento generazionale è una costante e dove il cambiamento è un tratto fisiologico perché si radica nel primato dei valori costituzionali che affermano la parità dei cittadini indipendentemente dall’etnia d’origine, dalla confessione o status sociale. Ammiro Obama per la lucidità e l’intuito con cui è riuscito a percepire la voglia di cambiamento degli americani. Un cambiamento ricercato a tutti i costi perché si è attribuito all’amministrazione repubblicana di George Bush la causa e la responsabilità di tutti i mali dell’America. Anche se di fatto la guerra in Iraq sta finalmente registrando la disfatta del terrorismo di Al Qaeda dopo aver rovesciato il regime tirannico di Saddam Hussein. Facile e scontato quindi oggi sostenere a viva voce che è in Afghanistan che ci si deve impegnare massimamente per combattere il terrorismo islamico globalizzato. Ed anche se di fatto Bush, sul piano economico, ha osato l’inverosimile operando un massiccio intervento statale con fondi pubblici a sostegno delle banche fallite dopo l’esplosione della bolla speculativa, ponendo fine al mito del libero mercato che si autoregolamenta da sé, facendosi invece scoprire che il mercato necessita di regole etiche. Il fatto che sia stato un repubblicano, un acerrimo assertore dell’inviolabilità del libero mercato, ad assumere un’iniziativa statalista di stampo socialista, e che ciò avviene nella nazione simbolo del capitalismo, dà l’idea della svolta epocale legata alla fine di un mito. Ammiro Obama per l’intelligenza con cui ha individuato nei giovani il fattore trainante del cambiamento, valorizzando in modo ottimale la loro passione e la loro disponibilità a concedersi totalmente. Ammiro Obama per la straordinaria capacità di coinvolgere l’insieme della popolazione americana nella più ampia e capillare rete virtuale ed economica che ha consentito di dar vita a un mastodontico e consistente sistema di autofinanziamento con milioni di piccoli contribuenti che ha fruttato, fino alla fine del mese di settembre, oltre 600 milioni di dollari di cui la gran parte inviati da sostenitori che, singolarmente, hanno inviato una somma inferiore ai 50 dollari. Anche se certamente Obama ha potuto godere, in partenza, anche del sostegno di grandi finanziatori che lo hanno messo, in un secondo tempo, nella condizione di rendersi economicamente autonomo. Gli americani non ne potevano più di George Bush e del suo Partito Repubblicano, a dispetto di tutto e di tutti, ed Obama ha saputo cogliere questo messaggio. Obama è stato inoltre avvantaggiato dal fatto che il ceto medio, indebolito dalla crisi economica, si è riconosciuto nelle sue posizioni assistenzialiste che promettono maggiori servizi pubblici ai cittadini, quindi con una maggiore presenza dello Stato, rispetto alle posizioni liberiste che affidano allo sgravio fiscale la possibilità dei singoli di godere di un miglior tenore di vita, quindi con una minore presenza dello Stato.Tuttavia ciò che mi preoccupa in Obama è lo spirito sessantottino che ha animato il discorso da lui pronunciato a Berlino, in cui ha elevato la retorica dell’abbattiamo tutti i muri tra tutte le religioni, tutti i paesi, tutti gli uomini, senza porsi delle domande sui contenuti, senza chiedersi perché sono stati eretti questi muri e del pericolo che in essi si annida. Così come mi preoccupano i toni populisti del discorso della vittoria, “l’America è il luogo nel quale tutto è possibile”, “la vera forza della nostra nazione non nasce dalle armi o dalle ricchezze, bensì dalla vitalità dei nostri ideali”. Ciò che mi preoccupa massimamente di Obama è l’assenza di una chiara visione e strategia per il futuro dell’America e del mondo: “La strada che abbiamo davanti sarà lunga. La salita rapida. Forse non arriveremo al traguardo in un solo anno, forse non basterà un unico mandato”. Obama non indica né una strada né un traguardo. Ci dice solo che sarà lunga, rapida e incerta. E’ più concentrato sulla realtà contingente che si esaurisce nella denuncia di ciò che non va, che sulla realtà strutturale che implica la proposta di ciò che si deve costruire. E’ infatuato dal mito del dialogo, dall’illusione che il dialogo sia la panacea di tutti i mali del mondo e che a furia di dialogare anche con i peggiori tiranni, a partire dal presidente nazi-islamico iraniano Ahmadinejad, qualcosa di buono ne uscirà fuori. Ma dato che i suoi consiglieri, ben più avveduti, lo invitano alla cautela per non mettersi contro i poteri forti in America, Obama passa da un estremo all’altro, minacciando anche di muovere la guerra contro l’Iran e contro il Pakistan. Ebbene, cari amici, nel nostro rapporto con la realtà e nella nostra voglia di cambiamento della realtà, noi dobbiamo partire dalla considerazione della realtà per quella che è, e purtroppo, la realtà ci rappresenta un’America e un’Europa in declino sul piano economico e sul piano sociale e culturale. Un declino che si tocca con mano nel constatare l’imperversare del capitalismo alla cinese al punto che oggi la Cina comunista è il principale creditore del debito pubblico americano, e nel successo degli estremisti islamici che adottano il terrorismo dei taglia-lingua nel conquistare spazi sempre più ampi di potere in seno all’insieme dell’Occidente. Un declino che si deve proprio al venir meno del primato dei valori e delle regole che sono il fondamento del riscatto della civiltà occidentale che si alimenta del binomio indissolubile di verità e libertà, di fede e ragione, che ha le sue radici profonde nella fede, nella cultura e nella tradizione cristiana che ha saputo raccogliere l’eredità del pensiero greco, romano, laico e liberale.Cari amici, vi saluto con la convinzione che è giunta l’ora di assumerci la responsabilità storica di agire da protagonisti per affrancarci dall’ideologia suicida del relativismo che affligge l’Occidente e dall’ideologia omicida del nichilismo che arma l’estremismo islamico, per affermare con coraggio e difendere con tutti i mezzi la Civiltà della Fede e Ragione. Andiamo avanti insieme sul cammino della Verità, Vita, Libertà e Pace, per un’Italia, un’Europa e un mondo che considerino centrali i Valori e le Regole, della conoscenza oggettiva, della comunicazione responsabile, della sacralità della vita, della dignità della persona, dei diritti e doveri, della libertà di scelta, del bene comune e dell’interesse generale, promuovendo un Movimento di riforma etica dell’informazione, della società, dell’economia, della cultura e della politica. Con i miei migliori auguri di sempre nuovi traguardi, successi ed un mondo di bene. Magdi Cristiano Allam

TRIBUTO A MAGDI CRISTIANO ALLAM

Carissimi lettori,
da dove eravamo rimasti?riprendo a scrivere consapevole che è passato un pò di tempo...gli impegni sono stati tanti ma l voglia di scrivervi e di farvi sapere la mia ( e di sapere la vostra)su mondo che ci circonda è sempre forte e quindi ho pensato di lasciarvi alcune lettere di Magdi Cristiano Allam,persona e giornalista che stimo moltissimo e che proprio in questi giorni ha fondato un proprio coraggioso movimento politico:"Protagonisti per l'Europa Cristiana". questo movimento, andando ad analizzare il manifesto programmatico porta molto probabilmente una ventata di novità nello scenario politico, e fidatevi che di qui a poco diventerà un personaggio scomodo ai più della politica del "Bagaglino", di quel nefasto teatrino ce ogni giorno noi inermi cittadini siamo costretti a subire. Qui di seguito troverete alcune lettere molto interessanti tratte dall'official web site del movimento www.protagonistiec.it dove dice delle verità assolute su alcuni temi importanti, dal buonismo cristiano nei confronti dell'Islam, alla lotta contro il relativismo ed il nichilismo odierno che porta inevitabilmente all'autolesionismo del nostro popolo...in primis noi come italiani e poi noi come europei.Quindi un sincero tributo ad un grande uomo e, spero, grande politico auspicando per lui ed il suo movimento i migliori successi!!!!Se mi consentite vorrei usare il titolo del suo ultimo libro "Grazie Gesù" dicendo "Grazie Magdi" per questo tuo coraggio!!!!Una luce in queste ombre morali e valoriali!!!Un lampo in questo oscurantismo cretinista odierno, in questa deriva etica della vita e della nostra società,prigioniera di una malattia ideologica che ha portato al più nefasto nichilismo,relativismo,buonismo islamicamente corretto e indifferentismo...questi sono a mio parere i veri MALI della società odierna!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! A VOI QUESTI POST!, NELLA SPERANZA DI FARVI COSA GRADITA!!!! A PRESTO!!!

TRIBUTO A MAGDI CRISTIANO ALLAM

LETTERA NUMERO 1


Cari amici, In un’intervista rilasciata oggi al quotidiano “Avvenire”, il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, sostiene di essere “soddisfatto” per i risultati del primo seminario del forum cattolico-musulmano svoltosi in Vaticano dal 4 al 6 novembre 2008, sia “per il clima di grande libertà nell’esprimere i propri punti di vista”, sia “per i contenuti su cui alla fine si è raggiunto un consenso”. Ebbene vi invito a leggere insieme il testo della dichiarazione finale del forum cattolico-musulmano, che potete trovare integralmente all’interno della rubrica “Il Fatto”. Sono sempre più preoccupato per la grave deriva religiosa ed etica presente in seno al Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso presieduto dal cardinale Jean-Louis Tauran, tendente a legittimare sempre più l’islam come religione e ad accreditare Maometto come profeta. Sono sempre più inorridito dalla mistificazione della realtà, all’insegna della paura, di un cristianesimo che afferma di condividere l’amore di Dio e l’amore per il prossimo con l’islam, facendo finta che non sia vero o sminuendo il fatto che la stragrande maggioranza dei musulmani predica e pratica l’eliminazione fisica degli ebrei e di Israele, legittima il terrorismo islamico e palestinese, condanna a morte per apostasia i musulmani che si convertono al cristianesimo, discrimina e sottomette la donna perché essere inferiore. E su queste posizioni si attesta la stragrande maggioranza dei 138 cosiddetti “saggi dell’islam” che hanno promosso il dialogo con il Vaticano.Da cristiano dico al Papa e alla Chiesa: Fermatevi! Chi crede nella verità di Cristo non può in alcun modo legittimare l’islam e Maometto! Piuttosto aspiriamo al martirio nella fede in Cristo, eleviamoci a testimoni della verità e della libertà, ma non dobbiamo mai e poi mai arrenderci né ai tagliagola né ai taglialingua islamici! Di questo passo, a furia di rincorrere sempre più la benevolenza dei musulmani, la Chiesa finirà per perdere del tutto la fede dei cristiani! “Tutti i presenti hanno espresso soddisfazione per i risultati del seminario e la loro aspettativa di un dialogo più proficuo”, si legge nella conclusione del documento che mette sullo stesso piano il cristianesimo e l’islam come religioni, Gesù Cristo e Maometto come fondatori delle due fedi, spingendosi fino a menzionare il Corano come sigillo della profezia. Il cristianesimo e l’islam vengono raffigurati su un piano di parità in riferimento ai temi cruciali della dignità e della libertà umana, del rispetto della libertà religiosa, della certezza della sacralità della vita, del ripudio della violenza e del terrorismo. Il contesto in cui questo insieme di diritti, valori e regole si esercita viene raffigurato come quello di una società inesorabilmente sempre più multiculturale e multireligiosa, come se fossimo inesorabilmente condannati a rinunciare al primato della nostra civiltà italiana ed europea e della nostra fede cristiana. Il documento del forum cattolico-musulmano confessa che ci sono “punti di similitudine e di diversità che riflettono lo specifico genio distintivo delle due religioni”. E al primo punto, specificando la concezione islamica dell’amore di Dio, si parla del “Santo e amato profeta Maometto” e si indica il Corano come “l’ultimo” dei libri inviati da Dio per guidare e salvare l’umanità. Mi domando: può un cristiano sottoscrivere un concetto simile e addirittura dirsi soddisfatto? Al punto due, indicando che “la vita umana è un dono preziosissimo di Dio a ogni persona”, si dice che “dovrebbe” essere quindi preservata. Come “dovrebbe”? Perché mai si usa il condizionale? Perché mai non si dice chiaramente che la vita non è affatto preservata nei paesi a maggioranza islamica? Al punto tre si parla della dignità umana, dei doni della ragione e del libero arbitrio, come si fossero un patrimonio comune di cristiani e musulmani. Ma dove? Ma quando? Al punto quattro si inaugura una serie di prese di posizioni all’insegna della mistificazione della realtà e dell’islamicamente corretto, in cui cattolici e musulmani vengono messi sullo stesso piano. Ad esempio sostenendo: “Ci impegniamo insieme a garantire che la dignità e il rispetto umani vengano estesi sia agli cristiano mentre non lo è affatto nei paesi musulmani. Perché dunque metterli sullo stesso piano? Il medesimo approccio mistificante e ipocrita lo ritroviamo sulla questione cruciale del terrorismo: “Professiamo che cattolici e musulmani sono chiamati ad essere strumenti di amore e di armonia tra i credenti e per tutta l’umanità, rinunciando a qualsiasi oppressione, violenza aggressiva e atti terroristici, in particolare quelli perpetrati in nome della religione”. Ebbene non mi risulta affatto che ci siano dei terroristi cattolici che perpetrano attentati terroristici nel nome di Gesù! I soli terroristi che oggi uccidono nel nome di Dio e di Maometto sono i musulmani, perché dunque non dire che si tratta di terrorismo islamico? Quando nella mattinata dello scorso 29 ottobre mi recai a visitare il cardinale emerito di Bologna Giacomo Biffi nella sua residenza bolognese, cogliendo l’occasione della mia partecipazione – avvenuta nel pomeriggio nella magnifica aula magna della biblioteca dell’università Alma Mater – dell’autobiografia di Carolina Delburgo “Come ladri nella notte” di cui ho scritto la prefazione, mi ha colpito l’intensità del suo sguardo e la passionalità della sua voce nel ricordarmi che quando negli anni Novanta egli sostenne l’opportunità che gli immigrati venissero scelti sulla base della loro compatibilità sul piano della condivisione dei valori e il rispetto delle regole, quindi con una preferenza per gli immigrati di fede e cultura cristiana, si trovò totalmente osteggiato ed isolato: “Nessuno, anche all’interno della Chiesa, mi sostenne. In pochi mi chiamarono privatamente per dirmi che erano d’accordo con me. Ma nessuno di loro l’ha mai fatto pubblicamente”. Lo stesso è avvenuto anche con la mia “Lettera aperta al Papa”, pubblicata in questo sito il 10 ottobre scorso e che iniziava così: A Sua Santità il Papa Benedetto XVI, Mi rivolgo direttamente a Lei, Vicario di Cristo e Capo della Chiesa Cattolica, con deferenza da sincero credente nella fede in Gesù e da strenuo protagonista, testimone e costruttore della Civiltà cristiana, per manifestarLe la mia massima preoccupazione per la grave deriva religiosa ed etica che si è infiltrata e diffusa in seno alla Chiesa. Al punto che mentre al vertice della Chiesa taluni alti prelati e persino dei suoi stretti collaboratori sostengono apertamente e pubblicamente la legittimità dell’islam quale religione e accreditano Maometto come un profeta, alla base della Chiesa altri sacerdoti e parroci trasformano le chiese e le parrocchie in sale da preghiera e da raduno degli integralisti ed estremisti islamici che perseguono lucidamente e indefessamente la strategia di conquista del territorio e delle menti di un Occidente cristiano che, come Lei stesso l’ha definito, “odia se stesso”, ideologicamente ammalato di nichilismo, materialismo, consumismo, relativismo, islamicamente corretto, buonismo, laicismo, soggettivismo giuridico, autolesionismo, indifferentismo, multiculturalismo. Nessun esponente della Chiesa ha risposto a questa Lettera aperta. Ed anche tra le risposte elaborate da parte degli iscritti alla mia Associazione, taluni si sono sentiti in dovere di difendere i musulmani e persino l’islam, ricordando che nel Medioevo ci fu il genio di Averroè e che anche i cristiani hanno commesso delle atrocità in passato. Ricorrendo anche in questo caso alla mistificazione della realtà e decontestualizzando il discorso. Cari amici, vi saluto con la convinzione che è giunta l’ora di assumerci la responsabilità storica di agire da protagonisti per affrancarci dall’ideologia suicida del relativismo che affligge l’Occidente e dall’ideologia omicida del nichilismo che arma l’estremismo islamico, per affermare con coraggio e difendere con tutti i mezzi la Civiltà della Fede e Ragione. Andiamo avanti insieme sul cammino della Verità, Vita, Libertà e Pace, per un’Italia, un’Europa e un mondo che considerino centrali i valori e le regole, della conoscenza oggettiva, della comunicazione responsabile, della sacralità della vita, della dignità della persona, dei diritti e doveri, della libertà di scelta, del bene comune e dell’interesse generale, promuovendo un Movimento di riforma etica dell’informazione, della società, dell’economia, della cultura e della politica. Con i miei migliori auguri di sempre nuovi traguardi, successi ed un mondo di bene. Magdi Cristiano Allam





AVVISO A TUTTI I LETTORI!!!!

VOLEVO AVVISARVI CHE DA ORA POTETE LASCIARE I VOSTRI COMMENTI SUI MIEI POST...HO MODIFICATO ALCUNE IMPOSTAZIONI CHE CONSENTONO A TUTTI DI POTER SCRIVERE LA SUA SUI MIEI SCRITTI...O ALMENO CREDO!!!!BOH!!!BUON COMMENTO!!!A PRESTO!!!!

Cardini è un grande!>assieme a Massimo Fini e Marcello Veneziani costituisce una triade>straordiaria di menti, cuori e passione!>>>>>>. Passando a tutt’altro argomento, Professor Cardini, lei in gioventù è>stato>>iscritto al Movimento Sociale Italiano e poi alla Giovane Europa, il>movimento>>transnazionale di estrema destra fondato da Jean Thiriart. Al giorno d’oggi>si>>sente ancora un uomo di “destra”?>>>> E’ sempre stato difficile, ma ormai è impossibile definire sul serio che>>cosa siano la “destra” e la “sinistra”. Aveva ragione Giorgio Gaber.>>>>Comunque, per quanto riguarda certe mie opzioni, specie in politica>>socioeconomica, a parte l’essere di destra o di sinistra, io mi sono>sempre>>sentito, e da parecchi anni, piuttosto di stare a sinistra; e misuccedeva>del>>resto già quando ero un giovane missino. Eppure, non mi sono mai granché>>inalberato quando mi definivano “di destra”, e mi succede ancora di>tollerarlo,>>magari replicando con qualche distinzione a mio avviso legittima.>>>>Cercherò di spiegarmi. “Destra” e “sinistra” hanno una lunga e complessa>>storia, dalla fine del XVIII secolo ad oggi: e che la destra valuti>soprattutto>>la “persona” laddove la sinistra privilegia “l’individuo” e “le masse”,che>la>>destra sia per la “comun ità” e la sinistra invece per la “società” (la>famosa>>dicotomia di Tönnies), che la destra privilegi la “libertà” e la sinistra>“l’>>eguaglianza” ( o quanto meno la “giustizia”), che la destra sia per il>>radicamento e la nazione e la sinistra per il cosmopolitismo e l’>>internazionalismo, che la destra sia “conservatrice” e la sinistra>>“progressista”, sono coppie d’opposti tutte plausibili ma in fondolasciano>il>>tempo che trovano: e, nel concreto processo storico, vengono sovente>disattese>>e contraddette. Era di sinistra Guevara, e magari perfino Stalin? Era di>destra>>Peron, e magari perfino Mussolini? Allora, Tanto vale tornare al cane cheè>di>>destra e il gatto di sinistra, al bagno in vasca che è di destra e ladoccia>di>>sinistra.>>>> Quanto a me, per dire la verità, io mi sono sentito sempre “di destra”>>esclusivamente nel senso che mi ha insegnato tra 1958 - quando l’ho>conosciuto>>– e 1966 - quando la tubercolosi contratta in guerra l’ha portato via -,>uno>>dei miei più cari Maestri, Attilio Mordini, studioso tradizionalista,>cattolico>>e terziario francescano. Per Mordini, essere “di destra” aveva un senso>>metafisico, metastorico e metapolitico: significava, per ogni uomo,>ancorarsi>>alla propria Tradizione, le scaturigini della quale sono sempre divine.>>Mordini, filologo e filosofo del linguaggio, insegnava che le linguehanno>>origini non “naturali” e “umane”, bensì metafisiche e sacrali; e che ogni>>Tradizione è sacra e ogni popolo, ogni gruppo umano storicamente>qualificato>>deve tenersi fedele alla propria. Le Tradizioni dialogano senza dubbio,e>sono>>portatrici tutte di una Verità analoga, anzi omogenea. Ma non spetta agli>>uomini trovare la chiave di questa analogia, di questa omogeneità: per>quanto>>non sia illecito cercarla con gli strumenti del sapere gnostico o di>quello>>mistico. La Tradizioni, tutte collegate tra loro, non comunicano>>orizzontalmente tra loro, bensì verticalmente, in Dio. Era lo stesso>>insegnamento di Nicola Cusano. Nella tradizione occidentale, la fedeltà>alla>>Tradizione si traduceva, storicamente, nella fedeltà ai valori cristiani,>>gerarchici e solidaristici dell’Europa prerivoluzionaria: quindi nell’>>opposizione rispetto ai due massimi nemici di essa, l’individualismo e il>culto>>del danaro per il danaro, del progresso per il progresso. Il punto è che,>sul>>piano storico, almeno dalla metà dell’Ottocento la “destra” si è>sviluppata,>>come “luogo” d’una tendenza politica, proprio come vocazione all’>>individualismo, alla produzione e gestione della ricchezza, alla>venerazione>>del progresso: danaro e progresso sentiti non già come mezzo bensì come>fine,>>ma un fine che per sua natura escludeva qualunque altri fini e nonfissava>>neppure un termine per se stesso. Individualismo e meccanismo produzione->>profitto-consumo come mète costanti ma inesauribili del genere umano.>Rispetto>>a questa “destra” liberale, liberista, progressista, materialista (anche>se>>cristiana sotto il profilo formale), la Destra tradizionalista non puòche>>sentirsi agli antipodi: anzi, sovente molto più vicino ad alcune aree>della>>sinistra, le quali propongono obiettivi almeno in superficie e inapparenza>più>>vicini a lei, quali il rispetto delle culture folkloriche, ilsolidarismo,>la>>giustizia sociale. Il Cristo Re della Destra e il “Cristo socialista” di>certe>>aree della sinistra si somigliano tra loro almeno quanto consenta ad>entrambi>>di riconoscersi nella lotta contro l’Anticristo turbocapitalista; e se l’>>Anticristo turbocapitalista affascina alcune Chiese cristiane storiche,>tanto>>peggio per quelle Chiese. Vi sono poi idee come quella di “Nazione”, nata>alla>>fine del Settecento “a sinistra” (per fronteggiare il Trono e l’Altare) e>>finite “a destra”, ma in un tipo di “destra” che, dall’esperienza>bonapartista>>al saintsimonismo al socialismo utopistico (soprattutto Sorel) al>sindacalismo>>rivoluzionario, è sempre stata permeata di valori sociali. Il fascismo,>per>>esempio, è nato da questi valori, anche se essi forse non si sarebberomai>>“innescati” nella storia senza la tragedia della falsa e ingiusta pace di>>Versailles del 1918.>>>> Quanto a me, ogni uomo ha la sua storia. Sono arrivato al MSI in calzoni>>corti, tredicenne, nel 1953: erano i tempi di Trieste italiana; poi ci>sono>>rimasto a causa del 1956 e della sollevazione ungherese. La miaeducazione>>cattolica e l’amicizia stretta con il gruppo di Attilio Mordini mi hanno>subito>>vaccinato da liberismo, nazionalismo e giacobinismo, i pericoli della pur>>schizofrenica destra neofascista missina; l’antisemitismo, ereditàambigua>e>>rivoltante dell’ultimo fascismo, mi è sempre stato estraneo e l’ho sempre>>avvertito come repellente (anche quando, prima dell’affare Eichmann, in>realtà>>se ne parlava pochissimo), grazie soprattutto sia appunto alla mia>educazione>>cattolica, sia al magistero di Attilio Mordini che aveva intrapreso con>grande>>ammirazione lo studio della Kabbalà, era membro di un’associazione>fiorentina d’>>amicizia cristiano-ebraica e profondamente radicato nella rivendicazione>dell’>>eredità ebraica come seme fecondo del cristianesimo. Semmai, dell’>esperienza>>fascista m’interessavano le “fronde”, che sovente avevano inclinato verso>>simpatie socialiste, anarchiche o addirittura comuniste; pensosoprattutto>all’>>esperienza di Berto Ricci e a quello che uno studioso contemporaneo ha>definito>>il suo “fascismo impossibile” (a mia volta, ho preferito chiamare quella>mia>>esperienza adolescenziale un “fascismo immaginario”). Condividevo questi>gusti>>e queste tendenze con un piccolo gruppo di amici. A questo ambiente di>margine,>>ma culturalmente vivo e fecondo, debbo ovviamente l’uscita nel 1965 dalMSI>e l’>>incontro – nell’ambito del gruppo europeista di Jean Thiriart – con la>>complessa e contraddittoria produzione intellettuale dei “fascisti”>francesi,>>“fascisti” senza dubbio alquanto a modo loro e in molti modi tra loro>>differenti e opposti; e, tra tutte quelle forme, la più vicina e>congeniale>>alla mia formazione fu il “socialismo fascista” ed europeista di Pierre>Drieu>>la Rochelle. Ho ormai superato da oltre un quarantennio queste forme d’>>ispirazione e di sollecitazione, ma riconosco che ad esse debbo ancora>molto:>>anzitutto il mio radicale, incrollabile, rigoroso europeismo. E’ ovvioche>>questa Unione Europea, burocraticamente oppressiva e politicamente>inesistente,>>non mi piaccia: ma a contribuire alla costruzione di un’autentica Patria>>Europea non rinunzierò mai.>>>> 5. Lei si ritiene anticapitalista?>>>>Ho già risposto implicitamente poco fa. Sono decisamente solidarista e>>apprezzo la dottrina sociale della Chiesa; se non sapessi che ilsocialismo>è>>in realtà qualcosa di molto di più e di molto diverso rispetto a una>semplice>>teoria socioeconomica, non esiterei a definirmi socialista. Ciò>dichiarato,>>debbo tuttavia aggiungere che come forma storico-sociale il capitalismo,>quando>>e nella misura in cui accetta di farsi “civico” (secondo del resto la>>“classica” indicazione di John StuartMill), può convivere e collaborare>ad>>esempio con lo “stato sociale”, dimensione politica e istituzionale che>una>>seria e sana destra politica dovrebbe difendere strenuamente, come sua>ultima>>vera ridotta, contro l’offensiva delle lobbies multinazionali senzavolto,>>senza patria e senz’altro scopo che non sia il profitto. Mi sembrainvece>che>>la stessa sinistra stia abbandonando questo spalto, correndo dietroancora>una>>volta – è fenomeno frequente negli ultimi anni – alla destra nella>politica>>delle “privatizzazioni”, della quale in genere diffido e che in alcuni>casi>>specifici mi sembra davvero sconsiderata.>>>>6. Crede che la debacle elettorale della sinistra radicale (ma anche>>dell’estrema destra) alle ultime elezioni politiche sia il frutto dell’>>americanizzazione della società italiana?>>>>Premesso che è bene non nasconderci dietro a un dito e non tacere che la>>débacle delle “estreme” radicali (nel senso etimologico dell’aggettivo) è>stata>>causata anche dalla miseria del livello dei loro quadri dirigenti ed>esecutivi,>>è chiaro che è un po’ così: anche se esiterei a chiamarla,riduttivamente,>>“americanizzazione”. Il fatto è che oggi le società civili e le opinioni>>pubbliche dei vari paesi europei sono ridotte a larve miserabili, asacche>>vuote prive di qualunque informazione sulla realtà che le circonda e di>>qualunque aspirazione: che poi esse siano preoccupate dai segni della>crisi>>incipiente, è prova ulteriore della loro vuotezza. Dinanzi al fallimento>>gigantesco del turbocapitalismo, che sta già avanzando a gran passi e che>si>>annunzia ovviamente come crisi che colpirà prima e soprattutto i ceti più>>fragili, si sta reagendo o con la totale “demobilitazione delle masse”>(al>>contrario di quel che facevano i grandi totalitarismi del XX secolo), con>l’>>anestetizzazione totale a base di culto delle libertà individuale e dei>consumi>>nonché di forti dosi di “società-spettacolo” e di “politica-spettacolo”>che>>riducono i cittadini a spettatori e a consumatori, oppure con lecolossali>e>>ben congegnate campagne imbonitrici che mettono in guardia contropericoli>>inesistenti (caso-limite il terrorismo islamico) e ne assumono anzi il>pretesto>>per la riduzione delle libertà civili effettive (si pensi allo scandaloso>>Patriot Act negli Stati Uniti). E’ chiaro che una società così>condizionata>>“serra al centro”, nell’illusoria sicurezza della “pace” e della>“sicurezza”,>>magari demonizzando qualunque prospettiva alternativa, trattata da “male>>assoluto”. Destra e sinistra finiscono con il somigliarsi, propongono>entrambe>>“rilancio”, “ripresa” e appunto “pace” e “sicurezza”, e si tengono a>galla>>offrendo ai poteri che davvero contano (le varie lobbies) i servigi di un>>“comitato d’affari” costituito da uno staff politico e parlamentare>>oligarchico, garantito da competizioni elettorali sempre piùaddomesticate>(si>>pensi alle ultime elezioni politiche in Italia, con liste “blindate”dalle>>singole segreterie e quindi un parlamento designato da ciascuna di esse,>per>>quanto poi formalmente legittimato da un fiacco voto popolare). Ipolitici>>divengono in tal modo sempre più la cinghia di trasmissione dalla volontà>delle>>lobbies finanziarie e imprenditoriali alle sedi del potere legislativo ed>>esecutivo incaricate di elaborare e legittimare provvedimenti in lineacon>gli>>interessi di quelle stesse lobbies.>>>>7. Qual è la sua opinione sulla xenofobia e sul razzismo? Secondolei>è>>motivata la paura della cosiddetta “invasione islamica”, tesi sostenutada>vari>>movimenti della destra radicale e dalla Lega Nord?>>>>La xenofobia (cioè la paura del “diverso”, dell’ “estraneo”, è fenomeno>che>>infallibilmente si verifica, in varia misura, nelle società coinvolte in>rapidi>>e massicci fenomeni di mutamento sociodemografico: si fonda su istinti in>fondo>>“naturali” e, a piccole dosi, è come i germi del morbillo o della>scarlattina:>>finisce col creare una lieve infezione che alla lunga ha effetto>immunizzante.>>Se le dosi si fanno massicce o i tempi di esposizione al contagio sifanno>>intensi, il discorso cambia. Sappiamo bene, da molti e illustri esempi>storici,>>che la “paura dell’Altro” (l’ebreo che ti seduce la donna, il marocchinoche>ti>>ruba il lavoro e così via…) servono da tempo come alibi per impedire che>la>>gente si renda conto con maggior chiarezza e precisione delle peraltro>>complesse dinamiche sociali che dominano i processi storici in tempi di>crisi.>>Un esempio. I gruppi di estrema destra o della Lega Nord sono>sostanziosamente>>finanziati da vari anni, tra l’altro, da imprenditori di pochi scrupolii>>quali chiudono (contro la legge) le loro fabbriche in Italia, vanno a>riaprile>>in luoghi dove la manodopera è molto più a buon mercato (la Romania, l’>Albania>>ecc.) e in questo modo sottraggono – cioè, letteralmente, rubano – lavoro>agli>>italiani e al tempo stesso si arricchiscono sfruttando la sottopagata>>manodopera euro-orientale: dopo di che, hanno interesse a che i>responsabili>>della rarefazione del lavoro in Italia siano identificati negli>>extracomunitari. E’ d’altronde un dato obiettivo che l’alto afflusso di>>extracomunitari clandestini crea ogni sorta di problemi e concorre a far>>crescer varie forme di microdelinquenza. Si deve lottare contro questi>fenomeni>>con rigore: e le leggi al riguardo ci sono; se non ci sono, si possono>sempre>>fare. Chi parla al riguardo di “tolleranza zero” esprime un parereassurdo:>dal>>momento che dovrebbe essere sottinteso che, nei confronti di qualunqueforma>di>>delinquenza, la tolleranza in un stato di diritto deve per forza essere>sempre>>“zero”. Quanto all’invasione islamica, semplicemente: non esiste. In>Italia,>>paese di sessanta milioni di abitanti, i musulmani non sono nemmeno un>milione:>>dunque non arrivano al 2% , di cui circa 10.000 (vale a dire l’1% diloro)>sono>>italiani convertiti, che per il fatto di essere diventati musulmani non>hanno>>certo cessato di essere “occidentali”. Molti di questi musulmani sono>cittadini>>italiani, magari da poco, hanno casa, famiglia, lavoro; altri sonoimmigrati>in>>regola con la legge. Una minoranza tra loro fa attività sociale,culturale,>e>>in pochi e ristretti casi (noti e controllati) anche proselitistica. Da>sette>>anni, cioè dall’indomani dell’11 settembre del 2001 a oggi, i casi di>musulmani>>fermati per attività terroristica si contano sulle dita delle mani, esono>>stati poi quasi tutti regolarmente rilasciati senza che al loro carico>>emergesse un minimo d’indizio concreto. Nel nostro paese, non c’è mai>stato>>alcun attentato che sia stato fatto risalire a una matrice “islamico->>fondamentalista”. Ci sono imprenditori musulmani e qualche intellettuale>>musulmano, ma non mi sembra che la loro attività sia particolarmente>presente>>sul nostro territorio. A che cosa allude chi parla dei “minareti” che>>andrebbero a “disturbare” il nostro paesaggio? Di moschee con minareto,in>>Italia c’è solo quella di Roma, che non disturba un bel niente: anzi, è>>architettonicamente apprezzabile. Il paesaggio lo hanno distrutto damezzo>>secolo a questa parte i nostri speculatori: basti vedere come sonoridotti>>alcuni tratti del nostro litorale e alcune nostre periferie cittadine. Io>vado>>a messa ogni domenica: ma, siccome per il mio alvoro mi muovo molto,>frequento>>differenti chiese in varie città d’Italia. Non mi è mai capitato, intanti>>anni, di trovarmi davanti a un picchetto di musulmani che distribuisse>>materiale proselitistico. Le nostre tradizioni si vanno autodistruggendo,>è>>vero: ma si tratta di un processo lungo, iniziato da molto tempo. L’Islam>non c’>>entra. Le tradizioni non si distruggono dall’esterno, franano sempre dall’>>interno. Del resto, l’islamofobia è un po’ passata di moda: i centri che>la>>promovevano ora hanno interessi di altro genere, guardano alla Russia e>alla>>Cina. Sempre cercando il Nemico Metafisico da sbattere in prima paginaper>>impedire alla gente di accorgersi che il vero pericolo, il vero nemico, s’>>identifica con quelle forze che ormai da anni gestiscono ilturbocapitalismo>e>>la speculazione finanziaria; quelle stesse che, ora che il petrolio sta>>esaurendosi, sono già partite addirittura all’appropriazione e alla>>privatizzazione dell’acqua.>>>>8. L’intellettuale transalpino Alain de Benoist ha sostenuto molte volte>del>>concetto di Impero. Secondo de Benoist la crisi dello Stato Nazione,>troppo>>grande per rispondere alle aspettative quotidiane della gente e troppo>piccolo>>per far fronte alle problematiche che si sviluppano oramai su scala>planetaria,>>richiederebbe di ripensare l’Europa in termini Imperial-federali. Qual èla>sua>>opinione sul tema dell’Europa Imperiale?>>>> “Impero” è una gran bella parola, ma temo che la gente la confonda conil>>suo pseudosemiomonimo, “imperialismo”, che al contrario è bruttissima. L’>>empire, c’est la paix, diceva Napoleone III: ma alludeva alla repubblica>retta>>da un monarca e da una dinastia in quanto garanzia contro il disordine.>Oggi,>>intenderei la parola “impero” – in armonia del resto con i suoi esempi>storici,>>o alcuni fra essi: l’impero romano, la “monarchia di Spagna” – nel sensodi>un’>>auctoritas suprema e indiscussa che sia giudice e regolatrice d’una>pluralità>>di soggetti diversi tra loro, ciascuno retti da proprie istituzioni e>>armonicamente conviventi. In questo senso, l’ “impero” sta all’esatto>opposto>>delle compagini magari eterogenee, ma tenute insieme dall’autorità edalla>>forza di uno stato egemone, che naturalmente tende a gestirne politica ed>>economia secondo i suoi interessi. “Europa Imperiale” è un’altra bella>>espressione: sarebbe stato l’ideale – credo sostenuto in buona fede – da>>Napoleone: un’unione di differenti nazioni sotto l’egida di una potenza>garante>>e protettrice che però accetti di non giocare (magari passato il momento>della>>necessaria emergenza) un ruolo egemone. Ma quel disegno si è infranto>ancora>>prima di Waterloo: è morto nelle pianure russe e tra le cannonate della>>battaglia di Lipsia. Una potenza egemone è comunque necessaria, disolito,>a>>creare formazioni federali o confederali: si pensi alla storia dell’Italia>e>>della Germania nell’Ottocento, con i loro Piemonte e Prussia. Ma,>>fenomenologicamente, non è sempre detto. Anche Hitler aveva un’idea>>“napoleonica” dell’”Europa Imperiale”, l’idea alla quale fu guadagnatoDrieu>La>>Rochelle: ma il suo impero era senza dubbio più nettamente e pesantemente>>egemonia germanica di quanto Napoleone non concepisse l’egemoniafrancese.>>Thiriart, neobonapartista e anche un po’ filohitleriano (quanto menosotto>il>>profilo del suo europeismo), pensava in termini un po’ astratti a una>“Europa->>Nazione”. Ma il suo concetto era rozzamente elaborato e stoticamentepoco>>realistico: gli statunitensi possono pensare a se stessi come alla>“Nazione>>americana”, ma i singoli states hanno una storia diversa, più breve e>fragile>>di quelli europei; e c’è inoltre un sostanziale monolinguismo, valore>>importantissimo. Pensare a un’ “Europa-Nazione” è impossibile. Credo si>possa>>invece pensare ad essa come a un Grossvaterland che sintetizzi e>riassuma,>>senza annullarli, i vari Vaterländer nazionali o anche etnici. Ma per>questo è>>necessaria una struttura federale o confederale: l’Unione Europea non è>nulla>>di tutto questo: e non lo sarà mai finché i singoli stati non sidecideranno>a>>creare una vera compagine istituzionale cui affidare, cedendola, unaparte>dei>>poteri detenuti fino ad oggi dai singoli governi, soprattutto in politica>>estera e nella difesa. Senza leggi federali valide dappertutto, unacomune>>politica estera e un esercito comune, non si costruisce alcuna unità né>>federale, né confederale. Nell’Unione Europea attuale – che non è “dei>popoli”,>>bensì “dei governi” – di davvero comune c’è solo la moneta. Necessaria,>>fondamentale: ma non sufficiente>>>>

VITA E VALORI - AD UN CARO AMICO

Ciao fratello!volevo ricambiare il piacere che mi hai fatto scrivendosul mio blog e così ho pensato di scrivere a te e se vorraipubblicarlo a me fa piacere.La rubrica che tu curi "L'urlo di Minsk" (www.webislife.it) èmolto positiva perchè consente a chiunque di dire la sua suun'argomento che il cretinismo relativista odierno ha molto spessofatto passare in secondo piano:la VITA. E l'ho scritta a carattericubitali perchè la vita e l'amore per essa deve essere sempreimprescindibile ed universale..teoricamente..ma alla fine non è semprecosì...non è così perchè il rispetto per l'altrui persona ormai èdivenuto obsoleto...e sì che dovrebbe essere il sentimento che famuovere il mondo...che lo conduce alla retta via di Pace eprosperità...e qui la parola Rispetto per il prossimo e quindi per laVita del prossimo è andato via via scemando dal rispetto per glioggetti e non più per le persone...e quale oggetto che gode dimaggior rispetto ha preso il posto secondo voi nella Vita diognuno????I SOLDI e l'importanza che troppo spesso diamo a questoCONVENZIONALE SISTEMA DI SCAMBIO!Questa dovrebbe essere la definizionegiusta di soldi e non TUTTO come molto spesso lo definiamo!!!!Oramai isoldi danno la FELICITA',danno RISPETTO,danno NOTORIETA',dannoposizione SOCIALE,danno la POSSIBILITA' DI DIFFERENZIARSI DALLA MASSA,quando non capiamo che ormai hanno preso il sopravvento sulla nostraesistenza rendendoci schiavi conscenzienti o inconsapevoli delDENARO.Anzi... per usare un gioco di parole, se me lo consentite, unaprerogativa ai soldi la darei...DANNO DANNO!!!Sono strumento diMANCANZA di rispetto nei confronti dei meno abbienti(ditemi chi ha ilcoraggio al giorno d'oggi di avvicinarsi ad un clochard e fare 2chiacchere???), sono portatori di INFELICITA'(chi non ne ha e li cercadisperatamente si trova ad essere insoddisfatto e chi ne ha e vuolearricchirsi non fa altro che generare infelicità a se stesso e a chigli sta intorno..)e a volte sono il prezzo da PAGARE per la propriasete di notorietà che può sfociare molto spesso nella PROSTITUZIONEVALORIALE DELLA PROPRIA MORALITA'.Consentitemi questo termine forte(prostituzione) che non vuole essere denigratorio nei confronti dischiave barbaramente costrette a vivere sulla strada(pagate con isoldi degli infelici)ma vuole essere un'URLO di sdegno per chi non hapiù valori e cerca di comprarli al prezzo della felicità propria oaltrui...voglio urlarlo a chi per far parlare di se deve andare in tve si fa aiutare dai Televoto e non da chi magari avrebbe a cuore lasua serenità...a chi ucciderebbe per trovare un posto al sole deicretini...a chi non ha più niente da dare a se stesso e vuole donarequel niente agli altri portandoli ad un circolo vizioso senza TEMPO e senza FINE.Questo e' quelloche siamo e chi non è così involontariamente entra in questo vortice di cretinismo...L'unica soluzione la si ha solo con l'OBSOLETA (cosi ormai la trattano i media ed in un certo senso tutti noi)PAROLA DI DIO...Bistrattata,mercificata,moralmente bestemmiata dai GIUDA del nostro tempo... vorrei salutare con una frase diGOETHE:"FRA TUTTI I POSSEDIMENTI DELLA TERRA IL PIU' PREZIOSO E' IL NOSTROCUORE, E FRA MIGLIAIA DI PERSONE NON CE NE SONO DUE CHE LOPOSSIEDANO".QUESTA E'LA V E R A R I C C H E Z Z A!!!GRAZIE!

SPECIALE COMMEMORAZIONE DELLA GRANDE GUERRA 90° ANNIVERSARIO

CARI AMICI LETTORI, VI LASCIO UN POST IMPORTANTISSIMO DATOMI DAL MIO AMICO PAOLO SULLA GRANDE GUERRA DEL 1915/1918 TROPPO SPESSO DIMENTICATA E MEDIATICAMENTE BISTRATTATA...PROPRIO QUALCHE GIORNO FA E' MORTO UNO DEGLI ULTIMI CAVALIERI DI VITTORIO VENETO...UN'EROE D'ALTRI TEMPI CHE NON FA NOTIZIA..CON QUESTO VOGLIO DARE A LUI E A TUTTI QUEGLI EROI DIMENTICATI IL TRIBUTO CHE SI MERITANO...A VOI QUALCHE NOTIZIA INTERESSANTE CHE SPERO POSSIATE APPREZZARE...UN SALUTO AL CARO AMICO PAOLO!!!
SCHIERAMENTO E STATISTICHE -La dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria-UngheriaLO SCHIERAMENTO DELLE NAZIONI BELLIGERANTINell'immagine riportata di seguito e' mostrato lo schieramento assunto daiprincipali Paesi del mondo, durante la Prima Guerra Mondiale. E' bene inoltrericordare che molte Nazioni mondiali, allora appartenenti ai domini colonialidelle principali Potenze europee, forniroro il proprio contingente militare insupporto dei rispettivi alleati e/o furono loro stesse teatro di scontri,perlopiu' scatenati per cercare alleggerire e sbloccare la guerra di posizionesui due Fronti principali paneuropei.Imperi Centrali:Tedesco, Austro-Ungarico, Ottomano, Bulgaria, LibiaAlleati o IntesaFrancia, Gran Bretagna, Belgio, Portogallo, Russia, Romania, Serbia, Grecia,Italia,Giappone, Cina, Montenegro, Usa, Brasile, Perù, Bolivia, Panama, Cuba,Guatemala, Nicaragua,Costa Rica, Haiti, Honduras, Equador, Liberia, San Marino.Le forze in campo all'inizio del conflitto.Gli imperi centrali, ad esclusione dell'Italia, potevano contare su unapopolazione di 120 milioni di uomini contro i 238 dei paesi dell'Intesa (GranBretagna, Francia e Russia), divisi però linguisticamente e geograficamente.Gli austro-tedeschi schieravano, all'inizio del conflitto, 147 divisioni difanteria e 22 di cavalleria, mentre l'Intesa faceva affidamento, per un prontoimpiego, su 167 divisioni di fanteria e 36 di cavalleria. La notevoledifferenza demografica tra i due blocchi fece sentire i suoi effetti con ilprolungarsi delle ostilità.Inizialmente, infatti, solo la Francia fu costretta a reggere quasi del tuttoil peso dell'attacco tedesco, schierando tutte le sue 72 divisioni di fanteriae le 10 di cavalleria per fronteggiare le 87 divisioni di fanteria e le 11 dicavalleria dell'esercito tedesco, peraltro di gran lunga superiore perartiglieria. La Russia, pur dando il suo contributo, non aveva ancora portatotutte le sue truppe sul fronte polacco per esercitare la necessaria pressionead est.Così, già nel1916, Francia e Germania furono obbligate ad attingere alleproprie riserve demografiche. La Francia, ad esempio, fu costretta a rivedere isuoi parametri di reclutamento chiamando alle armi anche gli ausiliari, iriformati, gli esentati, con la conseguenza di un abbattimento della qualitàdelle proprie forze armate. Nei mesi successivi, la Gran Bretagna riuscì aschierare ben 70 divisioni e la Russia, aiutata da Stati Uniti e Giappone, fufinalmente in grado di mobilitare gli uomini e i mezzi finora bloccati inCaucaso, in Siberia e in Turchestan.La schiacciante superiorità in mare da parte dell'Intesa permetteva iltrasferimento delle truppe e lo spostamento dei mezzi nei vari teatri dioperazione, compensando così la divisione geografica del blocco anti tedesco.La Gran Bretagna, da sola, poteva schierare 64 corazzate contro le appena 40navi da battaglia tedesche. La Francia, invece, aveva concentrato la sua flottadi 21 corazzate e 30 incrociatori nel Mediterraneo per contrastare la marinaaustriaca, anch'essa inferiore per numero di oltre la metà. Quasi ininfluentela flotta russa, che pur possedendo 8 corazzate e 22 incrociatori, è bloccatanel Mar Nero e nel Baltico.Il Fronte Occidentale dal 1914 al 1918(cliccare sulla mappa per ingrandire)Le ragioni della guerraLa crisi del 1914 può definirsi l'esplicazione militare di una lunga tensionepolitica tra le grandi potenze europee che si trascinava da almeno un decennio:una prima crisi risale al 1905, in occasione delle iniziative tedesche perarginare l'espansione francese in Marocco; nel febbraio-marzo del 1909, poi,con l'annessione della Bosnia Erzegovina da parte austriaca, si riaccende larivalità austro-russa nei Balcani; nell'agosto del 1911, una nuova crisimarocchina porta ad un nuovo confronto diplomatico tra Francia e Germania.Nel 1912-13, infine, abbiamo le due guerre balcaniche, che mettono nuovamentein pericolo la pace tra Russia e Austria. Queste tensioni hanno tenuto incostante stato di allerta le maggiori potenze europee e di conseguenza portatoad una inarrestabile corsa agli armamenti terrestri e navali.Contemporaneamente, il vento nazionalista aveva tenuto sotto pressionel'opinione pubblica alimentando un certo odio tra i popoli, sia in virtù deldesiderio di potenza della propria nazione siaotto forma di rivendicazionietniche, come appunto il confronto tra Serbia e Austria.La propaganda nazionalista, inoltre, aiutò molto i governi nel giustificaredinnanzi all'opinione pubblica le ingenti spese per il riarmo e per lespedizioni coloniali. Alla base delle tensioni internazionali vi erano comunqueimportanti interessi economici e territoriali per il controllo degli scambiinternazionali, soprattutto alla luce delle ripetute crisi economiche avutositra il 1907 e il 1914.La dichiarazione di guerraIl 28 giugno del 1914 era stato ucciso a Sarajevo il principe ereditarioFrancesco Ferdinando. L'omicidio ebbe subito dei risvolti politici inaspettati,e in breve le cose precipitarono. Il dispiacere dell'Imperatore FrancescoGiuseppe si trasformò in un semplice espediente per permettere all'Austria dicoronare il grande sogno di estendere il suo Impero nei Balcani. L'ultimatumdel 23 luglio alla Serbia non fu altro che l'ennesima scena teatrale da partedell'Austria per giustificare la propria buona fede di fronte alle diplomazieeuropee.Il governo austro-ungarico accusava la Serbia di una complicità indirettanell'organizzazione dell'attentato, poiché l'arma usata dall'omicida erarisultata di fabbricazione nazionale ( arsenale di Belgrado ). Come garanzia sichiedeva che alle relative indagini fossero rese partecipi anche le autoritàaustriache. In caso contrario il Governo serbo sarebbe stato ritenuto complicee di conseguenza l'Austria avrebbe considerato l'attentato come un atto diostilità nei suoi confronti. L'ultimatum aveva messo in guardia la Russia cheaveva schierato le proprie truppe sul confine Carinziano, minacciando diintervenire in caso di aggressione alla Serbia.Trascorsa appena una settimana, il 29 luglio, giungeva puntuale ladichiarazione di guerra alla Serbia che faceva precipitare il mondo nelterrore. Il 30 luglio, i primi proiettili di artiglieria colpivano la capitaleSerba. Alla notizia del bombardamento, la Russia dichiarò la mobilitazioneparziale contro l'Austria.Da quel momento, tutti gli Stati Maggiori europei iniziarono i loropreparativi per la guerra. I tedeschi, per primi, avevano proclamato ilKriegsgefahrzustand ( stato di pericolo di guerra ). Si trattò, in realtà, diuna sorta di paravento diplomatico che durò solo due giorni.Il 31 luglio, di fatti, la stessa Germania inviava un ultimatum alla Russiaper costringerla a sospendere i provvedimenti militari contro l'Austria eintimava alla Francia di non intervenire in caso di conflitto russo-tedesco.Allo scontato Niet dello zar, la Germania opponeva, il 1° di agosto, la suadichiarazione di guerra, il giorno dopo, chiedeva al governo belga il liberopassaggio delle proprie truppe in caso di guerra contro la Francia; il 3 diagosto dichiarava guerra anche a quest'ultima.A nulla erano servite le precauzioni di Parigi, che aveva fatto ripiegare di10 km i propri soldati dalla frontiera, per evitare incidenti e così dare aditoalla Germania per farsi una ragione sulla guerra. La possibilità di evitare ilconflitto era stata creduta dai francesi fino all'ultimo. Dice Pierre Renouvinche, il 12 giugno1914, l'ambasciatore di Francia a Berlino aveva scritto: “Sonolungi dal credere che in questo momento ci sia nell'aria qualcosa cherappresenti per noi una minaccia; proprio al contrario”. Alla violazione dellaneutralità belga da parte dei tedeschi, la Gran Bretagna scioglieva anch'essaogni riserva ed entrava in guerra a fianco dei francesi. L'Italia rimaneva perora neutrale.Pochi giorni dopo la dichiarazione di guerra dell'Austria-Ungheria allaSerbia, il 3 agosto 1914, il governo presieduto da Salandra dichiarò laneutralità dell'Italia. Sul piano formale si era richiamato a una delleclausole del trattato della Triplice alleanza, firmato nel maggio 1882 conGermania e Austria-Ungheria e più volte rinnovato, che prevedeva l'interventomilitare solo in caso di aggressione a una delle tre monarchie.In realtà, il paese era diviso tra neutralisti e interventisti. Fra i primi,in maggioranza, i cattolici, i liberali di Giolitti e i socialisti; fra isecondi, gli irredentisti, i liberali conservatori, i socialisti riformisti,poi i repubblicani e l'ala defezionista socialista guidata da Mussolini. Aconferma di uno stato di instabilità e incertezza politica, all'interno diquesti schieramenti le posizioni subirono profondi mutamenti tra l’estate del1914 e la primavera del 1915. I nazionalisti, ad esempio, sostenevanol'intervento, ma inizialmente a fianco della Triplice e solo dopo a fiancodell'Intesa. A sfavore dell'alleanza con gli Imperi Centrali pesavano lesconfitte subite nel 1866 nella terza guerra d'indipendenza contro l'Austria,al termine della quale era comunque stato acquisito il Veneto, ma non ilTrentino e parte della Venezia Giulia, rimaste sotto il controllo del governodi Vienna. Seguendo ancora una volta, e non sarà l'ultima, l'ambigua politicadel doppio binario, Roma intavolò trattative con Vienna per ottenere in viapacifica le terre irredente, senza però raggiungere nessun risultatotangibile.Il passo decisivo per il mutamento delle alleanze fu rappresentato dal pattofirmato segretamente a Londra il 26 aprile 1915 con i rappresentanti di GranBretagna, Francia e Russia, in base al quale l'Italia si impegnava a scenderein guerra a fianco dell'Intesa entro un mese. In cambio, in caso di vittoriaavrebbe ottenuto, fra l'altro, il Trentino e l'Alto Adige fino al Brennero,Trieste, Gorizia, Gradisca, parte dell'Istria e della Dalmazia, dirittisull'Albania.Dopo la denuncia della Triplice alleanza il 3 maggio, il governo Salandra,sulla spinta anche degli interventisti che avevano dalla loro parte unpropagandista come Gabriele D'Annunzio, presentò al governo di Vienna ladichiarazione di guerra il 23 maggio 1915 , fissando l'inizio delle ostilità algiorno successivo.La preparazione degli eserciti Italiano e Austro-UngaricoSul piano strettamente militare, l'esercito italiano, guidato dal capo distato maggiore Alberto Pollio dal giugno 1908 al luglio 1914, aveva rafforzatole linee di difesa soprattutto sul fronte nord-orientale, avviando lamodernizzazione degli armamenti e riorganizzando le forze dopo la campagna diLibia del 1911-1912. Luigi Cadorna, succeduto a Pollio, pur nell'incertezzadella situazione politica interna ed estera, diede inizio alla mobilitazione epoco dopo lo scoppio delle ostilità si trovò ad avere a disposizione 4 armate,suddivise in 14 corpi d'armata e 40 divisioni per un totale di 1.090.000uomini, 216.000 quadrupedi, 3.300 automezzi, 930.000 fucili, 620 mitragliatricie oltre 2.150 pezzi d'artiglieria. Sui circa 650 km di confine tra Italia eAustria le forze italiane furono così distribuite: la armata, dallo Stelvioalla val Cismon (passando per il Cevedale, Tonale, Adamello, alto Garda,altipiani di Tonezza e Asiago); 4a armata in Cadore e Carnia. Dal Monte Caninlungo il fiume Isonzo fino al mare la 2a e la 3a armata.Gli austriaci misero in campo 221 battaglioni divisi fra comando del Tirolo,gruppo d'armata della Carinzia e 5a armata sul fronte isontino. La parzialeinferiorità numerica delle loro forze era compensata da uno schieramento piu’favorevole perche’ appoggiato a postazioni dominanti e ben protette, servite daun'efficiente rete stradale. Da notare che dallo Stelvio al Cadore gli oppostischieramenti si fronteggiarono quasi sempre in zone d'alta montagna dove icombattimenti si svolsero molto spesso in condizioni climatiche proibitive, concolpi di mano, azioni di mina e contromina durate mesi e avvalendosi dell'operainstancabile dei genieri per far giungere ogni tipo di rifornimento fino apostazioni isolate anche oltre i 3.000 metri.Il piano d'attacco del comando supremo italiano prevedeva in Trentino azionilocali miranti a impadronirsi di postazioni più favorevoli alla difesa,cercando di diminuire l'estensione del pericoloso saliente a sud di Trento.Nella zona del Cadore era previsto un attacco verso la piana di Dobbiaco e diSesto mentre lo sforzo principale doveva essere esercitato a est, oltrel'Isonzo, verso Gorizia e Trieste e poi verso Lubiana e Zagabria, incoordinamento con le azioni di russi e serbi.Poco dopo l'inizio delle ostilità, a nord sul fronte alpino fu occupataCortina d'Ampezzo, il Monte Altissimo, il Coni Zugna e il Pasubio, mentre ilcaposaldo del Col di Lana fu attaccato senza risultato. A est fu raggiuntaMonfalcone, Plava e a metà giugno fu conquistato il Monte Nero. Subito dopoiniziò la lunga serie di battaglie che presero il nome dal fiume Isonzo perchécombattute in gran parte sulle sue rive e nelle zone circostanti. A fronte diqualche chilometro di terreno conquistato le perdite globali in questa porzionedel fronte, assommarono a oltre 300.000 uomini: 131.000 austriaci e 173.000italiani, tragico risultato della cosiddetta guerra di logoramento o dimateriali.La dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria-UngheriaIl 23 maggio 1915, il Duca D’Avarna, ambasciatore d’Italia a Vienna,presentava al Ministro degli Esteri austroungarico la seguente dichiarazione diguerra: “ Secondo le istruzioni ricevute da S.M. il re suo augusto sovrano, ilsottoscritto ha l’onore di partecipare a S.E. il Ministro degli Esteri d’Austria-Ungheria la seguente dichiarazione : Già il 4 del mese di maggiovennero comunicati al Governo Imperiale e Reale i motivi per i quali l’Italia,fiduciose del suo buon diritto ha considerato decaduto il trattato d’Alleanzacon l’Austria-Ungheria, che fu violato dal Governo Imperiale e Reale, lo hadichiarato per l’avvenire nullo e senza effetto ed ha ripreso la sua libertà d’azione. Il Governo del Re, fermamente deciso di assicurare con tutti i mezzi asua disposizione la difesa dei diritti e degli interessi italiani, nontrascurerà il suo dovere di prendere contro qualunque minaccia presente efutura quelle misure che vengano imposte dagli avvenimenti per realizzare leaspirazioni nazionali. S.M. il Re dichiara che l’Italia si considera in istatodi guerra con l’Austria-Ungheria da domani. Il sottoscritto ha l’onore dicomunicare nello stesso tempo a S.E. il Ministro degli Esteri Austro-Ungaricoche i passaporti vengano oggi consegnati all’Ambasciatore Imperiale e Reale aRoma. Sarà grato se vorrà provvedere a fargli consegnare i suoi.”Il proclama ufficiale di Re Vittorio EmanueleSua Maestà il Re, assumendo il comando supremo delle forze di terra e dimare, ha emanato il seguente ordine del giorno:" Soldati di Terra e di MareL'ora solenne delle rivendicazioni nazionali è suonata. Seguendo l'esempio delmio Grande Avo, assumo oggi il comando supremo delle forze di terra e di marecon sicura fede nella vittoria, che il vostro valore, la vostra abnegazione, lavostra disciplina sapranno conseguire. Il nemico che vi accingete a combattereè agguerrito e degno di voi. Favorito dal terreno e dai sapienti apprestamentidell'arte, egli vi opporrà tenace resistenza, ma il vostro indomito slanciosaprà di certo superarlo. Soldati A voi la gloria di piantare il tricolored'Italia sui termini sacri che la natura pose ai confini della Patria nostra. Avoi la gloria di compiere, finalmente, l'opera con tanto eroismo iniziata dainostri padri."Gran Quartier Generale, 24 maggio 1915Il Proclama ufficiale di Francesco Giuseppe,Imperatore d'Austria-Ungheria"Ai Miei Popoli"Il Re d'Italia mi ha dichiarato la guerra. Una fellonia quale la storia nonconosce eguale, venne perpetrata dal regno d'Italia verso i suoi due alleati.Dopo un'alleanza di più di trent'anni, durante la quale essa poté aumentare ilproprio possesso territoriale e assorgere a insperata prosperità, l'Italia Ciabbandonò nell'ora del pericolo e passò a bandiere spiegate nel campo deiNostri nemici. Noi non minacciammo l'Italia, non diminuimmo il di leiprestigio; non toccammo il suo onore né i suoi interessi.Noi adempimmo sempre fedelmente i Nostri doveri quali alleati e le fummo discudo quando essa entrò in campo. Facemmo di più: Quando l'Italia rivolse isuoi cupidi sguardi oltre i Nostri confini eravamo decisi, nell'intento diconservare l'alleanza e la pace a gravi e dolorosi sacrifici, sacrifici questiquali particolarmente affliggevano il Nostro cuore paterno. Ma la cupidigiadell'Italia la quale credeva di dover sfruttare il momento era insaziabile.E così la sorte deve compirsi. Contro il possente nemico al Nord la Miaarmata fece vittoriosa difesa in una gigantesca lotta di dieci mesi, stretta infedele fratellanza d'armi con gli eserciti del Mio augusto alleato. Il nuovoperfido nemico al sud non è per essa un nuovo avversario. Le grandi memorie diNovara, Mortara, Custoza e Lissa che formano l'orgoglio della mia gioventù e lospirito di Radetzky, dell'Arciduca Alberto e di Tegetthoff, il quale continua avivere nella Mia armata di terra e di mare, mi danno sicuro affidamento chedifenderemo anche i confini meridionali della Monarchia.Io saluto le mie truppe ferme nella lotta, abituate alla vittoria; confido inloro e nei loro duci. Confido nei miei popoli, al cui spirito di sacrificiosenza pari vanno i Miei più sentiti ringraziamenti. All'Altissimo rivolgo lapreghiera, che Egli benedica le Nostre bandiere e prenda la Nostra giusta causasotto la Sua clemente custodia.Vienna, 23 maggio 1915
Comando Supremo, 4 Novembre 1918, ore 12La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re,duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il24 Maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta edasprissima per 41 mesi è vinta.La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso Ottobre ed alla qualeprendevano parte cinquantuna divisioni italiane, tre britanniche, due francesi,una cecoslovacca ed un reggimento americano, contro settantatre divisioniaustroungariche, è finita.La fulminea e arditissima avanzata del XXIX corpo d'armata su Trento,sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del Trentino, travolte adoccidente dalle truppe della VII armata e ad oriente da quelle della I, VI eIV, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria. Dal Brentaal Torre l'irresistibile slancio della XII, dell'VIII, della X armata e delledivisioni di cavalleria, ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente.Nella pianura, S.A.R. il Duca d'Aosta avanza rapidamente alla testa della suainvitta III armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa giàvittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute.L'Esercito Austro-Ungarico è annientato: esso ha subito perdite gravissimenell'accanita resistenza dei primi giorni e nell'inseguimento ha perdutequantità ingentissime di materiale di ogni sorta e pressoché per intero i suoimagazzini e i depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecentomila prigionieri con interi stati maggiori e non meno di cinque mila cannoni.I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono indisordine e senza speranza le valli, che avevano disceso con orgogliosasicurezza.Diaz
Perdite
Molte delle più grandi battaglie della storia avvennero nel corso di questaguerra. Vedi battaglia di Ypres, battaglia del crinale di Vimy, battaglia dellaMarna, battaglia di Cambrai, battaglia della Somme, battaglia di Verdun,battaglia di Gallipoli, le 11 battaglie dell'Isonzo e quella di Caporetto.Di seguito un elenco delle forze mobilitate, dei caduti, feriti, dispersi,prigionieri, suddivisi per nazione.Nazione Mobilitati Morti Feriti Dispersi o prigionieriImperi Centrali
Impero austro-ungarico 7.800.000 1.200.000 3.620.000 2.220.000
Germania 11.000.000 1.773.700 4.216.058 1.152.800
Turchia 2.850.000 325.000 400.000 250.000
Bulgaria 1.200.000 87.500 152.390 27.029
IntesaBelgio 267.000 13.716 44.686 34.659
Impero britannico* 8.904.467 908.371 2.090.312 191.652
Francia** 8.410.000 1.357.800 4.266.000 537.000
Grecia 230.000 5.000 21.000 1.000
Italia 5.615.000 650.000 947.000 600.000
Giappone 800.000 300 907 3
Montenegro 50.000 3.000 10.000 7.000
Portogallo 100.000 7.222 13.751 12.318
Romania 750.000 335.706 120.000 80.000
Impero russo (fino al 1917) 12.000.000 1.700.000 4.950.000 2.500.000
Serbia 707.343 45.000 133.148 152.958
Stati Uniti 4.355.000 126.000 234.300 4.500
Sacrario militare di RedipugliaI dati dei morti comprendono i deceduti pertutte le cause, i dati dei dispersi comprendono dispersi e prigionieri diguerra* dati ufficiali;
i caduti delle nazioni facenti parte dell'Impero britannicosono così suddivisi:
Regno Unito: 715.000
Australia: 60.000
Canada: 55.000
India: 25.000
Nuova Zelanda: 16.000
Sudafrica: 7.000** dati ufficiali;
le truppe coloniali francesi contarono inoltre 114.000caduti Vittime civili [modifica]Impero Austro-Ungarico: 300,000Belgio: 30,000Regno Unito: 31.000Bulgaria: 275.000Francia: 40.000Germania: 760.000Grecia: 132.000Romania: 275.000Russia: 3.000.000Serbia: 650.000Turchia: 1.000.000
Il tempo regala poesia ai teatri di battaglia, più si allontana l'eco degliscontri ed il fragore della lotta. Passeggiare lungo un sentiero nelle Fiandreo inerpicarsi lentamente su una mulattiera che la natura reclamainsistentemente serve a capire soprattutto quanto sia difficile per tre oquattro generazioni dopo sentire ancora e davvero quell'eco lontano.Ma basta scoprire una scheggia o un bottone, che stanno lì indisturbati aguardare il cielo da un secolo, per sentire quel passato così vicino equell'eredità dei nostri bisnonni così forte e viva, tutta intorno a noi. Ariprova di ciò basti pensare a quanti monumenti alla memoria passino ormaicompletamente inosservati all'uomo di oggi: in ogni città, paese e piccoloborgo europeo si cela sempre, dimenticato tra un semaforo ed un negozio, ostretto nella morsa di un centro commerciale o di un cinema, più un piccolo ogrande altare voluto ad imperitura memoria di chi ha dato la propria vita perun ideale di patria.Ma quella memoria sembra essersi così sbiadita ed amalgamata con il paesaggioda non lasciar più alcuna traccia. Perchè dunque non riscoprire quello spiritoe quel sentimento che, al di là dei fini propagandistici, potrebbe aiutarci acapire non solo il passato, ma soprattutto il nostro presente ed anche ilnostro futuro?

PENSIERI DELLA NOTTE


SE AVESSIMO UN CUORE SEMPRE APERTO AL GODIMENTO DELLE COSE BUONE CHE DIO CI OFFRE OGNI GIORNO, AVREMO ANCHE LA FORZA SUFFICIENTE PER SOPPORTARE IL MALE, QUANDO ARRIVA.

JOHANN WOLFGANG von GOETHE

BUONANOTTE

RISPOSTA ALL'AMICO PAOLO

RINGRAZIANDO ANCORA PUBBLICAMENTE L'AMICO PAOLO VOLEVO RIBADIRE IN UN CERTO SENSO UN MESSAGGIO CHE SI PUO' RICAVARE ALLA SUA LETTERA:LA POLEMICA, ANCHE ASPRA, CHE CI FU TRA D'ANNUNZIO E IL DUCE....
A TAL PROPOSITO VOLEVO CITARE ALCUNI MOTTI:

Immotus nec iners

frase oraziana scelta da D'Annunzio per il suo stemma nobiliare di "Principe di Monte Nevoso" disegnato dal pittore Guido Marussig, raffigurante la cima del monte coperta di neve e sovrasta dalle sette stelle dell'orsa. Tale titolo di Principe fu conferito da mussolini il 15 marzo del 1924 dopo che Fiume fu annessa all'Italia. Questo fu, diciamo così, un premio di consolazione per il "Comandante" D'Annunzio che dopo le imprese eroiche di Fiume si vide attaccato durante il "Natale di sangue" del 1920.La scelta di questo motto ha un chiaro significato polemico:D'Annunzio non tralasciò mai occasione di ricordare a Mussolini le sue passate "gesta" e di esprimere il suo desiderio di tornare all'azione, specie nei suoi primi anni di proprio "esilio" al Vittoriale...

Né più fermo né più fedele

D'Annunzio fece incidere il motto nello "Stemma del levriero" posto al centro della facciata della "Prioria" al Vittoriale.Il motto, diretto a Mussolini, ha una chiara intenzione polemica:il Vate si sente ormai un "sorvegliato di ferro", costretto all'inazione, "fermo e fedele" nella prigione dorata al Vittoriale...

Piegandomi lego

Motto impresso sulla carta da lettere e sugli ex libris con l'immagine di un salice piangente che si piega legendosi ad un'altro albero.E' un chiaro riferimento politico-polemico al Vate che si piega alla volontà di Mussolini che lo vuole lontano dalla politica della nazione.

INFINE VI LASCIO CON UNO DEI MOTTI A ME PIU' CARI....

Intra me maneo (Resto dentro di me)

Come la tartaruga che resta nel suo guscio e che in esso trova l'unica via di salvezza. Chiaro riferimento al suo "esilio" al Vittoriale. Questo motto fu inciso su una placchetta "talismano" inviata tra l'altro anche al Duce nel 1935.

ECCO...VOLEVO DARVI QUALCHE SPERO ULTERIORE DELUCIDAZIONE SUL PENSIERO DEL VATE,PER CERTI VERSI GRANDE ISPIRATORE DELL'IDEOLOGIA FASCISTA MA ALLO STESSO TEMPO GRANDE SUO OPPOSITORE.A PRESTO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

LETTERA DI UN CARO AMICO CHE VOGLIO CONDIVIDERE CON TUTTI VOI

CARISSIMI LETTORI E' CON IMMENSO PIACERE CHE VOLEVO PUBBLICARVI LA LETTERA DI COMMENTO SUL MIO POST D'ANNUNZIANO DI UN CARO AMICO OLTRE CHE DI UN STIMATO GIORNALISTA: PAOLO CECCO!!!GRAZIE DI CUORE!!!A VOI:

Caro Davide, plaudo la nascita del tuo nobile sito (abbracciando con il
mioentusiasmo anche l'ottimo sito del grande amico Fabio), esordio migliore
nonpotevi fare.. Il Vate, i motti D'Annunziani.Alla voce “motto”, nel
dizionario della lingua italiana si trova scritto:”parola e frase nella quale è
compendiato, con valore esemplare e imperativo,l'assunto di una persona o di una
comunità”.I motti dannunziani divennero espressione di un'intera comunità per il
primoventennio del novecento.Ben venga questa diffusione di pensieri, questo
dolce profumo di cultura epoesia, il più delle volte ammuffite, rinchiuse
con le catene nelle cantine diquesto balzano momento storico che nobilita
più macchiette sociali (i criminalida te citati, i tronisti, le veline, i bulli)
e sembra dimenticarsi dei poeti,degli artisti, dei Grandi Uomini d'intelletto e
di grande animo.Ebbene D'annunzio era uno del Grandi Uomini, che il secolo
appena morto ci halasciato.Purtroppo su D'annunzio e sui dannunziani, non mi è
noto per quale grottescoe stolto bignamino, aleggia da sempre un'ombra sbagliata
ed ingiusta per la Suamemoria e per la nostra cultura.Si è costantemente
affinato il pensiero del Vate con il fascismo, D'annunziocon il Duce. Una
porcata pazzesco! Una blasfemia culturale!Lo stile di vita ideale, concepito dal
duce, il Vate in realtà l'aveva sempredisprezzato con tutta l'anima.Egli aveva
sognato di rinnovare l'Italia, di combattere il parlamentarismocorrotto e la
democrazia rinunciataria. Aveva sognato (“l'immaginazione alpotere”) di fondere
una nuova Babilonia della cultura e delle arti:Fiume.Fiume, la città di Vità,
governata per 15 mitici mesi da un poeta (non unvampiro politicunzolo, un
burocrate, un mafioso, uno sciacallo), un poeta cheogni giorno proclamava gli
ideali di giustizia e libertà, che voleva creare unacittà sede e capitale di
tutte le arti, dotata di un immenso teatro aperto atutti, in cui la musica era
la protagonista, che sognava una crociata in favoredelle nazioni povere contro
quelle usurpatrici.“Ecco soli, soli contro tutti col nostro solitario
coraggio”commentòamaramente D'annunzio alla fine della sua avventura di
governatore-poeta.E fu proprio il Duce (e Giolitti a fare da burattinaio) a
lasciare solo edabbandonato il Poeta.Già con la marcia di Roma, parti
l'operazione d svalorizzare d'annunzio, “igiovani invecchiano presto cantando
Giovinezza”, disse ironicamente vedendomarciare Mussolini alla testa dei giovani
“di anni e di spirito”.Dunque nessuna vergona nell'urlare eja eja eja
alala (contro l'immobilismodelle idee, il mercificatismo odierno, il servilismo
da facchini ai due mostriche da due secoli opprimono l'uomo marxismo e
capitalismo), perchè in quelmotto, in quella provocazione, non c'è niente di
fascismo, nessuna logicadittatoriale ma solo (solo?) energia, spirito (come ne
abbiamo bisogno dispirito),un soffio di vita, eccitazione alla stato puro.“La
passione in tutto. Desidero le cose più lievi, come le più grandi. Non homai
tregua”.D'annunzio rappresenta l'umanesimo puro:l'uomo principale protagonista,
nonaltri (il denaro, la classe ecc), il Vate come formatore della dignità
dell'uomo(sai quanto tengo al tema...)dignità di avere ideali, di amare il
bello, dipensare, di amare, di soffrire, di combattere, di piangere, di
vivere!Questo era D'annuzio. Questo dovrebbe essere un Uomo, dominato
dalle sueazioni e passioni, non dagli oppiacei, dalle droghe che da quasi un
secolo civedono manichini sterili, burattini, pinocchi, pupazzi manovrati ma
ideologiemarxiste o capitaliste, dalla piazza rossa o dalla borsa di wall
strett. PRIMAL'UOMO poi il resto!QUESTA è LA DIGNITA' DELLA PERSONA CHE HO A
CUORE E INTESTA!Augurissimi per il blog,un abbraccio fraterno!Paolo “et ventis
adversis” anche con i venti contrari

SE VOLETE DIALOGARE CON PAOLO SCRIVETE NUMEROSI SULLA SUA RUBRICA "L'URLO DI MINSK" ALL'INDIRIZZO www.webislife.it .

SUPERULTRAMEGAIMPORTANTE!!!!

VOLEVO SEGNALARVI UN NUOVO SITO DOVE UN MIO CARO AMICO, PAOLO CECCO, SCRIVE SULLA SUA RUBRICA "L'URLO DI MINSK"!!IL SITO E' www.webislife.it !!!! MI RACCOMANDO!! VISITATE E SCRIVETE NUMEROSI!!!!!!! ALLA PROSSIMA!

PENSIERI DELLA NOTTE


La morale pubblica è il complemento naturale di tutte la leggi:vale da sola un codice.

NAPOLEONE BONAPARTE

Il cuore di un'uomo di Stato deve stare nella sua testa.

NAPOLEONE BONAPARTE

POI DITEMI COSA NE PENSATE....

PENSIERI DELLA NOTTE

VOLEVO SALUTARE QUESTO PRIMO GIORNO DEL MIO BLOG CON UNA POESIA DI PABLO NERUDA A ME TANTO CARA... PARLA DELLA SUA PATRIA...ECCOLA QUI...POI MI DIRETE SE VI E' PIACIUTA...A VOI...

Patria mia, a te volgo il mio sangue.
Ma t'invoco, come fa con la madre il bambino
pieno di pianto.
Accogli questa chitarra cieca
e questa fronte perduta.

Andai a cercarti figli per la terra,
andai a sollevare i caduti col tuo nome di neve,
andai a fare una casa col tuo legno puro,
andai a portare la tua stella a eroi feriti.

E ora voglio dormire nella tua sostanza.
Dammi la tua chiara notte di penetranti corde,
la tua notte di nave, la tua altezza di stella.

Patria mia: voglio mutare d'ombra.
Patria mia: voglio cambiare di rosa.
Voglio mettere il mio braccio sulla tua esile cintura
esedermi sulle pietre calcinate dal mare
per fermare il grano e guardarlo dentro.

Vado a scegliere la magra flora del nitrato,
vado a filare lo stame glaciale della campana,
e guardando la tua nobila e solitaria schiuma,
tesserò un ramo marino alla tua bellezza.

Patria, mia patria
tutta circondata d'acqua in lotta
e neve combattuta,
in te si unisce l'aquila allo zolfo,
e nella tua mano antartica d'ermellino e di zaffiro
una goccia di pura luce umana
brilla bruciando il cielo nemico.

Salva la tua luce, o patria, mantieni
la tua dura spiga di speranza
in mezzo alla cieca aria temibile.
Nella tua remota terra è caduta
tutta questa difficile luce,
quest destino degli uomini,
che ti fa difendere un fiore misterioso,
solo,nell'immensità dell'America addormentata.

PABLO NERUDA IN "INNO E RITORNO"

MOTTI DANNUNZIANI

Volevo in questo mio secondo intervento elencarvi una piccola parte dei motti del sommo vate Gabriele D'annunzio dandovi qualche spiegazione su come certi motti hanno subito modificazioni ed usi diversi:

  • PIU' ALTO E PIU' OLTRE:uno dei motti più cari al D'Annunzio e destinato al Primo Gruppo di squadriglia aerea. Era una sorta di esortazione agli aviatori che il Poeta scrisse il 24 maggio 1917 per incitarli a compiere sempre più vaste e più ardite imprese.
  • EJA,EJA,EJA,ALALA':grido di guerra coniato dal Poeta in luogo del più barbaro hip,hip, urrà il 7 agosto 1918.il giorno seguente ogni aviatore lo ebbe scritto su una propria bandierina. Divenne in quell'epoca molto comune, tanto che anche successivamente venne utilizzato come motto di guerra dal fascismo. Il grido eja è una parola greca usata da Eschilo e da Platone e poi utilizzata nel Medioevo dai Crociati. Alalà invece è invece un termine di guerra e di caccia usato da Euripide, con cenni anche nel Carducci e nel Pascoli.
  • NON V'E' SOSTA, NON V'E' TREGUA, NON V'E' SONNO: Esortazione cara al Vate anche scaramanticamente, infatti in quel periodo ricevette 5 medaglie d'argento e una d'oro per i meriti di guerra.
  • UNO CONTRO UNO, UNO CONTRO TUTTI: Motto coniato per le sue "Fiamme Nere" nel 1919.
  • NON NISI GRANDIA CANTO(NON CANTO SE NON COSE GRANDI): motto inciso sulla base del sedile di pietra posto al centro dell'arengo, nei giardini del Vittoriale.
  • FORSE CHE SI FORSE CHE NO:motto anche di un suo romanzo nel 1910 ripreso da un canto popolare diffuso nel Quattrocento nel ducato di Mantova.
  • VIVERE ARDENDO E NON BRUCIARSI MAI: Motto di guerra e sopratutto motto fiumano, basato su una parafrasi di un verso di Gaspara Stampa"vivere ardendo e non sentire il male".

ALLA PROX PER QUALCHE ALTRA (SPERO) INTERESSANTE NOTIZIA.

POSSIAMO ANCORA AVERE FIDUCIA NELLA GIUSTIZIA?

Cari lettori,è qui che mi accingo a scrivere il mio primo pezzo sul mio blog e vorrei iniziare con una domanda che ai più può sembrare populista ma che ora come mai è di deprimente attualità...possiamo ancora avere fiducia nella giustizia?vi consiglio di fare una cosa prima di darmi una risposta affrettata...pensate a questi ultimi giorni...
Pensate al caso di Pietro Maso,l'assassino (e non chiamiamolo peccatore che ha espiato le proprie colpe perchè solo il Giudizio Divino potrà consegnarlo a chi di dovere) di Montecchia di Crosara che 17 anni fa (sembra ieri) uccise per futili motivi i propri genitori e che proprio in questi giorni ha ricevuto "l'unzione redentiva" della semilibertà, che alla fine può dirsi fra qualche mese libertà a tutti gli effetti!!E per quale "futile motivo"(a sto punto lo posso chiamare anch'io così)?Perchè ha percorso pragmaticamente e spiritualmente un percorso di rinascita personale culminato con la semilibertà.
E il pentimento mai ammesso? E il motivo perchè li ha barbaramente uccisi? Forse il giudice o gli insigni avvocati si sono dimenticati che li ha trucidati per fare la bella vita!!!!Già per questo motivo 30 anni sarebbero pochi, e questo non per fare "cattivismo" ma "garantismo". Voglio o meglio in Italia "vorrei" garantire ai miei concittadini che chi ha ucciso senza motivo (e per piacere non troviamone fuori di plausibili come quelli passionali perchè non stanno nè in cielo nè in terra) resti al suo posto fino alla fine dei suoi giorni... ma l'ergastolo nel nostro paese lo danno fittiziamente solo a chi batte il record di omicidi...problema che il recordman non l'abbiamo ancora trovato...ergo...niente più ergastoli!!!! Maso divenne così il "barbaro mentore" di Erika e Omar, di Carretta ( che eredita la casa dei genitori e che poverino ha un certo "che" ad abitarci e vendendola ci farà pure i soldi!!!), della Franzoni, di tutta quella elite di assassini che per un motivo o per l'altro si inventano personaggi mediatici,cercano dall'opinione pubblica la convinzione di non essere stati loro, si spacciano per pazzi, negano l'evidenza e con l'aiuto di altrettanto mediatici "Perry Mason" cercano di farsi beffe dei pm e della scientifica...se leggete i giornali sembra che quelli del RIS non facciano bene il loro mestiere,sembra che stiano lì a tirare a sorte sul colpevole o che giochino al piccolo chimico...menzogne!!!!sanno fare benissimo il loro mestiere, solo che non glielo lasciano fare perchè le nostre leggi glielo permettono!! ECCO QUA!L'ABBIAMO DETTO!Certo, possiamo cadere nel luogo comune ma è così, e lo abbiamo davanti ai nostri occhi tutti i giorni. Proprio in queste ore il Gup di Perugia ha dato 30 anni a Rudy Guede (che mentre erano in corso le indagini pensò bene, da innocente com'è, di farsi una capatina in germania per poi tornare e urlare la sua innocenza) e ha rinviato a giudizio Amanda Knox( la bella) e Raffaele Sollecito ( l'intellettuale). Questo è quello che si legge dai giornali...sembra ogni volta che c'è un processo di rivivere un'impresentabile Thriller noir...ma questo Triangolo ha tolto la vita ad una povera ragazza! ce lo siamo dimenticati???E questi sono i nuovi VIP da Billionaire:Maso il corteggiato, Erika e Omar i Fidanzatini,Amanda la Bella, Raffaele l'intellettuale, AnnaMaria la Mamma(?????).... Questi sono gli "idoli epistolari" dei ragazzi e delle ragazze di oggi... e pensare che ai miei tempi (non molto lontani) c'erano il Papa, Falcone, Borsellino,Libero Grassi o più profanamente i veri attori o personaggi dello spettacolo...non questi pseudo-macabri attori di un teatrino chiamato "opinione pubblica"!Detto questo, e spero di non avervi annoiato, possiamo ancora avere fiducia sulla giustizia?Io dico di sì se la lasciassero lavorare!Voi??IL GIORNALAIO ( E NON GIORNALISTA) ATTENDE RISPOSTE!!! UN SALUTO A TUTTI VOI.

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sono un tipo socievole e grande appassionato di politica ed in genere di tutto quello che può far accrescere il proprio bagaglio culturale, sempre pronto a imparare da tutti e sempre pronto a confrontarsi con tutti, mi ritengo un'idealista,forse troppo a volte ma in questo periodo di poco idealismo mi tengo stretto questo lato del mio carattere. da poco sono entrato a far parte del partito "La Destra" e vado orgoglioso di questa mia scelta..anzi..se volete condividere con me questo impegno,anche per il nostro territorio contattatemi all'indirizzo mail ladestralegnago@virgilio.it