BUON NATALE A TUTTI VOI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

IL CONTRASTATORE

BUONASERA A TUTTI CARISSIMI LETTORI!!! VI LASCIO CON UN POST INTERESSANTE DAL BLOG DEL PRESIDENTE DELLA NOSTRA ASSOCIAZIONE!!!A VOI IL COMMENTO!!!
QUI IN BASSO IL NOSTRO PRESIDENTE LINO ADAMO.





Il contrastatore

Il clima politico, sociale, ideologico ed economico che caratterizza la vita europea e italiana, e per molti aspetti opprimente oscurantista e cupo, ma dal torpore delle iniziative e di idealità, nasce, per reazione l’ideale romantico, Cultura e Politica.
D’altronde questo procedere di interventi contraddittori nell’interno del Governo nazionale fra le più alte cariche dello Stato condiziona fortemente l’evoluzione dello stato.
 Poiché il problema nazionale é quello più acceso e sentito dal popolo, i politici devono rendersi coevi al nostro secolo, vi è la necessità di realizzare di creare un più stretto legame fra politica e cittadini.
Il tribuno contrastatore alla realizzazione al connubio fra finanza, giustizia e ideali patriottici non può nascondersi dietro il compiacente paravento dell’illegalità, dove si tratta meramente di contrattazione di potere politico.
Il tribuno, durante il periodo trascorso sullo scranno della terza carica dello Stato, dimentico dei doveri derivanti dalla sua carica di Presidente della Camera dei Deputati, incapace di contrastare la sua smisurata ambizione, incominciò ad accendere i tizzoni dei carbonari nelle due camere del potere.
Il crescente disagio della sua gente che rifiuta ormai apertamente la sua logica di potere, incapace di contrastare “la forza delle cose” attua fino in fondo il suo tradimento nel tentativo di attenuare gli effetti negativi della sua concezione di far politica.
Ma “la forza delle cose” diventa dirompente anche quando cerca di fronteggiare le situazioni.
Quando si rende conto che tanto il suo popolo, quanto i suoi colonnelli chiedono le sue dimissioni lascia il partito di cui era cofondatore per fondarne uno degno delle sue ambizioni, esiliandosi volontariamente, dove i partiti di rifiuto al governo legittimamente costituito lo accolgono con tutti gli onori, scordando l’errore che fece l’antica Troia quando trascinò il cavallo di legno nelle mura della sua città come simbolo della loro vittoria.
Lino ADAMO

CENA ASSOCIATI NATALE 2010!!!

PRESSO LA PIZZERIA ANPHORA SI E' TENUTA LA CLASSICA CENA PRENATALIZIA DELLA NOSTRA ASSOCIAZIONE PER COGLIERE L'OCCASIONE DI FARCI GLI AUGURI E PER PROMETTERCI NUOVO IMPEGNO PER L'ANNO 2011 CHE SI PROSPETTA DENSO DI EVENTI POLITICI  LIVELLO NAZIONALE E LOCALE!!!TRA LE ALTRE COSE ABBIAMO PRESENTATO UFFICIALMENTE LA NOSTRA CANDIDATA AL CONSIGLIO COMUNALE DI POVEGLIANO(VR), LA DOTT.SSA ELENA FERLINI(QUI IN BASSO INSIEME AL SUO COMPAGNO E AL NOSTRO PRESIDENTE LINO ADAMO), ALLA QUALE VA IL NOSTRO AUGURIO DI UN GRANDE SUCCESSO E IL NOSTRO IMPEGNO A DARLE APPOGGIO IN QUESTA LUNGA E IMPEGNATIVA CAMPAGNA ELETTORALE!!!POI E' STATA L'OCCASIONE PER ME DI PRESENTARMI COME NUOVO VICEPRESIDENTE DELLA NOSTRA ASSOCIAZIONE.CI METTERO' TUTTO L'IMPEGNO CHE POSSO PER NON DELUDERE I MIEI TANTI ASSOCIATI!!!







VI LASCIO E GLI AUGURI VE LI FACCIO PIU' AVANTI!!!!HEHEHEHE!!!ALLA PROXXXXXXXX!!

DAVIDE ROSSIGNOLI - VICEPRESIDENTE DELL'ASSOCIAZIONE "DESTRA IN MOVIMENTO - CULTURA E POLITICA".

Il giudizio di Oriana Fallaci su Fini…

Pubblico l’articolo de Il Giornale, del 23 luglio 2010. Nel 2004 Oriana Fallaci dedicò alcune pagine di un libro pubblicato da Rizzoli, La forza della ragione , a Gianfranco Fini. Il giudizio era drastico e in qualche misura preveggente. L’attuale presidente della Camera, paragonato a Togliat ti, era già pronto a passare con la sinistra. Allora nessuno ascoltò


«Signor Vicepresidente del Consiglio, Lei mi ricorda Palmiro Togliatti. Il comunista più odioso che abbia mai conosciuto, l’uomo che alla Costituente fece votare l’articolo 7 ossia quello che ribadiva il Concordato con la Chiesa Cattolica. E che pur di consegnare l’Italia all’Unione Sovietica era pronto a farci tenere i Savoia, insomma la monarchia. Non a caso quelli della Sinistra La trattano con tanto rispetto anzi con tanta deferenza, su di Lei non rovesciano mai il velenoso livore che rovesciano sul Cavaliere, contro di Lei non pronunciano mai una parola sgarbata, a Lei non rivolgono mai la benché minima accusa.
Come Togliatti è capace di tutto. Come Togliatti è un gelido calcolatore e non fa mai nulla, non dice mai nulla, che non abbia ben soppesato ponderato vagliato per Sua convenienza. (E meno male se, nonostante tanto riflettere, non ne imbrocca mai una). Come Togliatti sembra un uomo tutto d’un pezzo, un tipo coerente, ligio alle sue idee, e invece è un furbone. Un maestro nel tenere il piede in due staffe. Dirige un partito che si definisce di Destra e gioca a tennis con la Sinistra. Fa il vice di Berlusconi e non sogna altro che detronizzarlo, mandarlo in pensione. Va a Gerusalemme, con la kippah in testa, piange lacrime di coccodrillo allo Yad Vashem, e poi fornica nel modo più sgomentevole coi figli di Allah. Vuole dargli il voto, dichiara che “lo meritano perché pagano le tasse e vogliono integrarsi anzi si stanno integrando”.
Quando ci sbalordì con quel colpo di scena ne cercai le ragioni. E la prima cosa che mi dissi fu: buon sangue non mente. Pensai cioè a Mussolini che nel 1937 (l’anno in cui Hitler incominciò a farsela col Gran Muftì zio di Arafat) si scopre «protettore dell’Islam» e va in Libia dove, dinanzi a una moltitudine di burnus, il kadì d’Apollonia lo riceve tuonando: “O Duce! La tua fama ha raggiunto tutto e tutti! Le tue virtù vengono cantate da vicini e lontani!”. Poi gli consegna la famosa spada dell’Islam. Una spada d’oro massiccio, con l’elsa tempestata di pietre preziose. Lui la sguaina, la punta verso il sole, e con voce reboante declama: “L’Italia fascista intende assicurare alle popolazioni musulmane la pace, la giustizia, il benessere, il rispetto alle leggi del Profeta, vuole dimostrare al mondo la sua simpatia per l’Islam e per i musulmani!”. Quindi salta su un bianco destriero e seguito da ben duemilaseicento cavalieri arabi si lancia al galoppo nel deserto del futuro Gheddafi.
Ma erravo. Quel colpo di scena non era una reminiscenza sentimentale, un caso di mussolinismo. Era un caso di togliattismo cioè di cinismo, di opportunismo, di gelido calcolo per procurarsi l’elettorato di cui ha bisogno per competere con la Sinistra e guidare in prima persona l’equivoco oggi chiamato Destra.
Signor Vicepresidente del Consiglio, nonostante la Sua aria quieta ed equilibrata Lei è un uomo molto pericoloso. Perché ancor più degli ex democristiani (che poi sono i soliti democristiani con un nome diverso) può usare a malo scopo il risentimento che gli italiani come me esprimono nei riguardi dell’equivoco oggi chiamato Sinistra. E perché, come quelli della Sinistra, mente sapendo di mentire. Pagano-le-tasse, i Suoi protetti islamici?!? Quanti di loro pagano le tasse?!? Clandestini a parte, spacciatori di droga a parte, prostitute e lenoni a parte, appena un terzo un po’ di tasse! Non le capiscono nemmeno, le tasse. Se gli spiega che servono ad esempio per costruire le strade e gli ospedali e le scuole che anch’essi usano o per fornirgli i sussidi che ricevono dal momento in cui entrano nel nostro paese, ti rispondono che no: si tratta di roba per truffare loro, derubare loro. Quanto al Suo vogliono-integrarsi, si-stanno-integrando, chi crede di prendere in giro?!?
Uno dei difetti che caratterizzano voi politici è la presunzione di poter prendere in giro la gente, trattarla come se fosse cieca o imbecille, darle a bere fandonie, negare o ignorare le realtà più evidenti. Più visibili, più tangibili, più evidenti. Ma stavolta no, signor mio. Stavolta Lei non può negare ciò che vedono anche i bambini. Non può ignorare ciò che ogni giorno, ogni momento, avviene in ogni città e in ogni villaggio d’Europa. In Italia, in Francia, in Inghilterra, in Spagna, in Germania, in Olanda, in Danimarca, ovunque si siano stabiliti. Rilegga quel che ho scritto su Marsiglia, su Granada, su Londra, su Colonia. Guardi il modo in cui si comportano a Torino, a Milano, a Bologna, a Firenze, a Roma.
Perbacco, su questo pianeta nessuno difende la propria identità e rifiuta d’integrarsi come i musulmani. Nessuno. Perché Maometto la proibisce, l’integrazione. La punisce. Se non lo sa, dia uno sguardo al Corano. Si trascriva le sure che la proibiscono, che la puniscono. Intanto gliene riporto un paio. Questa, ad esempio: “Allah non permette ai suoi fedeli di fare amicizia con gli infedeli. L’amicizia produce affetto, attrazione spirituale. Inclina verso la morale e il modo di vivere degli infedeli, e le idee degli infedeli sono contrarie alla Sharia. Conducono alla perdita dell’indipendenza, dell’egemonia, mirano a sormontarci. E l’Islam sormonta. Non si fa sormontare”. Oppure questa: “Non siate deboli con il nemico. Non invitatelo alla pace. Specialmente mentre avete il sopravvento. Uccidete gli infedeli ovunque si trovino. Assediateli, combatteteli con qualsiasi sorta di tranelli”.
In parole diverse, secondo il Corano dovremmo essere noi ad integrarci. Noi ad accettare le loro leggi, le loro usanze, la loro dannata Sharia. Signor Fini, ma perché come capolista dell’Ulivo non si presenta Lei?».
New York, gennaio 2004

NON DIMENTICHIAMO...



BUONASERA AMICI LETTORI!VI LASCIO UNA LETTERE CHE UN CARO AMICO MI HA MANDATO E HO PIACERE DI CONDIVIDERLA CON VOI E CON I VOSTRI COMMENTI.UN SALUTO A VOI E UN CARO ABBRACCIO AL MIO AMICO FRATERNO!!





Il tempo regala poesia ai teatri di battaglia, più si allontana l'eco degli
scontri ed il fragore della lotta. Tra qualche giorno si celebrerà il 92
anniversario della vittoria del Regno d'Italia contro l'impero Austro-
Ungarico,
in quella maestosa battaglia che i libri di storia ricordano come la “Grande
Guerra” europea e mondiale. Premetto con genuina onestà intellettuale: è
davvero difficile, se non quasi impossibile, per tre o quattro generazioni
dopo
sentire ancora quell'eco lontano, quei canti alpini, il stringerci attorno
ad
un brandello di terra che, da quando siamo venuti al mondo, abbiamo con
disinvoltura considerato Italia. Ciò nonostante è giusto e doveroso che
anche
in questo freddo e grigio Novembre del 2010, venga riscaldato da quel
sentimento patriottico e da quella dichiarazione d'amore per la Nazione
(nonché
per i suoi più fedeli alfieri: le forze armate) che è il miglior
antibiotico
all'influenza relativistica e alla crisi della memoria e dei valori che
oggigiorno si stanno rivelando più letali della pandemia influenzale
denominata
“la spagnola”. “Non lasciare che il passato ti dica chi sei, ma lascia che
sia
parte di ciò che diventerai”recitava uno slogan di qualche anno fa. Di
certo,
questo non è il momento di bieca retorica, di tributi, di anacronistico
nazionalismo (in una società multirazziale e sempre più globalizzante). No,
il
ricordo del 4 Novembre bisogna viverlo con quella genuina accoglienza con la
quale si offre ospitalità nella nostra dimora ad un parente che sembrava
perduto, un antico zio d'America che in rare occasioni viene a recarci visita
e
che ha bisogno più di tane fanfane, doppipetti e formalità solo di una cosa:
del nostro abbraccio e del nostro sorriso, il miglior biglietto di visita
per
chi ancora consideriamo un parente, uno stretto amico, una persona degna
della
nostra fiducia, stima nonché del nostro appoggio morale. Questo è lo
spirito
del 4 Novembre: da spendersi con un vecchio amico, seduti ai bordi di una
tavolozza di legno, chiaccherando con quella leggiadria dei bambini
accompagnati da buon vin brulè e pane caldo. È un sentimento santo chiamare
per nome e cognome le gesta più alte spese per il BelPaese. Ricordando chi
siamo, qual'è la nostra origine, comunitaria ed individuale, riusciremo ad
orientare i nostri passi nell'incertezza del futuro ed a reggerci nella
vacuità
odierna dove lo sport privilegiato è falciare tutto quello che odora di
ricordi, tradizioni e storia dei popoli. Quanti monumenti alla memoria,
quante
statue, strade, vie, passano oramai completamente inosservati o dismessi per
fare strada a vetrine luccicanti e centri commerciali mentre si sbiadisce
il
ricordo di chi, ai posteri, ha sacrificato la propria esistenza per un
ideale,
per la Patria, per un senso civico di dignità e libertà. Il nostro compito,
dunque, è essere severi custodi di quei resti, dei cimeli dei nostri nonni
che
non ammuffiscono mai, perchè il combattere per un sogno, un valore o un
ideale
non muore mai. Seicentocinquantamila sono stati i connazionali, perlopiù
giovani, che sono caduti in battaglia portando il tricolore e cantando le
canzoni degli Alpini. Altresì, per una volta, bisognerebbe porre a tacere le
bieche polemiche politiche e posare il nostro pensiero ai sacrari di Asiago
e
Redipuglia, alla città di Gallio (medaglia d'oro al valor militare),
all'Ossario del Monte Grappa, alla terribile fortezza dello Spielberg, dove
venne rinchiuso Silvio Pellico, agli irridentisti trentini ed a chi è morto
nel
gelo dei monti o peggio ancora è stato abbandonato nella cantina del
dimenticatoio.
Doveroso, dunque, per un giorno guardarci allo specchio e ritornare a
prendere
quella confidenza con le nostre storie, le nostre radici ed il lascito dei
nostri Padri.
Dopo aver perduto la festa cattolica di Ognisanti, barattata per il rito
celtico e anglofono di Hallowen, da Italiano non voglio perdere la
celebrazione
civica del 4 Novembre: non vorrei mai ritrovarmi a tavola il 4 Luglio a
mangiare tacchino cantando “The Star spangled Banner”!
W la Patria!
W il 4 Novembre!

Paolo Cecco

La Grande guerra vista da Gioacchino Volpe




di Marcello Veneziani.

La Grande Guerra, la Vittoria Mutilata, l’Inutile Massacro. Eccola, la Prima Guerra Mondiale, compimento sanguinoso del nostro Risorgimento, apoteosi catastrofica della nostra Unità che diventa, con la coscrizione obbligatoria, unità popolare oltre che nazionale. Gioacchino Volpe (1876-1971) fu il principale storico dell’Italia in cammino, dal Medioevo alla Modernità, dal Risorgimento alla Prima Guerra mondiale e poi al fascismo. Raccontò l’Italia in guerra e il popolo in armi, scrisse pure una storia degli italiani per i ragazzi. Ma Volpe non raccontò solo quella storia, la visse in prima persona, fu decorato con la Medaglia d’argento e vi partecipò da ufficiale in borghese e da storico militare, perché era ormai un accademico sulla quarantina. Quel che presentiamo in questa pagina, piccolo assaggio del suo vasto carteggio, è il Volpe cronista, testimone e partecipe di quella stessa storia che poi scriverà da storico e accademico. Come accadde ad Erodoto, egli fu storico sul campo.
C’è un carteggio fitto di lettere scritte alla famiglia dal fronte o dall’ufficio storiografico della Mobilitazione che mostrano lo sguardo familiare con cui Volpe osserva quel che poi descriverà sul piano pubblico. Lettere tenere, a volte curiose, scritte con la calda umanità che contraddistinse la scrittura di Volpe. Lettere e cartoline che mi ha dato il suo pronipote Amedeo, indirizzate da Gioacchino a sua moglie Elisa Serpieri, spesso chiamata «cara bimba», o a suo figlio Nanni, che diventerà poi l’editore Giovanni Volpe, all’epoca poco più che bambino. Sono lettere autografe, a volte ricopiate da mano femminile o dattiloscritte nel retro di articoli volpiani. Lettere di un italiano che ama la sua patria anche quando è a casa, parla del suo paese natio Paganica e narra ai suoi bambini il fronte e le trincee. Sente di appartenere a un popolo, di condividerne la sorte e i sacrifici, immerso nella storia e nel destino del suo Paese. Un sobrio amor patrio, senza fanatismi.
Come fu la sua adesione al fascismo e la sua fedeltà alla monarchia, sottraendosi alla Rsi; per lui i regimi passano, l’Italia resta. E la sua passione di storico, temprata nello stile dal suo tirocinio nel giornalismo grazie ai suoi zii Edoardo Scarfoglio e Matilde Serao, a partire dal ruolo di correttore di bozze al Mattino di Napoli. Poi la cattedra, il sodalizio con Gentile, la sua critica al razzismo, la sua difesa di Ernesto Bonaiuti e dei fratelli Rosselli, i giudizi diffidenti di Mussolini su di lui, e dopo la guerra la sua epurazione dall’università, il suo dignitoso riserbo e la sua coerenza. Da storico capiva che non bisogna lasciarsi assorbire nel presente, ma lasciar decantare i fatti.
Avevo consultato i suoi carteggi inediti grazie ai suoi figli, Giovanni e Vittorio, e a sua nuora Elza. Pubblicai anni fa alcune sue missive, tra cui un conflitto epistolare e giudiziario con Marinetti; inevitabile, uno si occupava, da storico, del passato e l’altro si eccitava, da poeta, per il futuro. Volpe concepiva la sua missione di storico a metà tra l’arte e la scienza, perché la storia, diceva con Labriola, è scienza del procedimento e arte della narrazione. Volpe fu lo storico della Nazione, amò il Risorgimento ma ricordò a Croce che l’Italia era nata molto prima della sua Unità. Alla vigilia dei 150 anni, merita di essere ricordato come la principale guida al nostro passato nazionale. L’Italia che fu - titolo di un suo libro uscito nel 1961 per i cent’anni dell’unità d’Italia - non può dimenticare il suo Virgilio.



BUONASERA AMICI LETTORI!!!VI CONSEGNO UN'INTERESSANTE ARTICOLO DI VENEZIANI SUL "4 NOVEMBRE" BISTRATTATO DA POLITICI E BENPENSANTI E TROPPO SPESSO MESSO IN SECONDO PIANO PER LA SUA "LONTANANZA"...QUELLA LONTANANZA NON DEVE FARCI PERDERE IL SIGNIFICATO DI QUELLA GRANDE GUERRA CHE CAMBIO' I DESTINI DEL MONDO EUROPEO E ANCHE ITALIANO...PER FARVI CAPIRE QUANTO LA SENTIAMO IGNORANTEMENTE LONTANA VI LASCIO 2 ANEDDOTI CHE ACCADONO IN ALTRI PAESI EUROPEI:


A Ypres, piccola cittadina belga che gli abitanti fiamminghi chiamano Ieper, ogni sera, si svolge ancora oggi una toccante cerimonia: “Dal 1928 si ripete lo stesso rito che è stato sospeso soltanto durante l’occupazione nazista – testimonia Cervone -. Ogni sera, alle otto in punto, sotto le volte della Porta di Menin, il possente sacrario dei 55 mila senza tomba, va in scena l’omaggio sonoro ai caduti della Grande Guerra, e riecheggia il suono delle cornamuse scozzesi e di tre trombettieri che eseguono ‘The Last Post’, il motivo che chiudeva la giornata negli accampamenti degli inglesi”.

Anton Verschoot, nato a Ypres nel 1924, suona ogni sera la sua tromba davanti al memoriale. Tutte le sere è lì. Altri due trombettieri ruotano ma lui è sempre presente, salvo le assenze per qualche acciacco o perché in tournèe con la banda dei pompieri dove è entrato su richiesta del suocero. Le note echeggiano tra le pareti che grondano nomi britannici, irlandesi, americani, australiani, neozelandesi, sudafricani, tutti ragazzi spazzati via dal fuoco tedesco in una delle più crudeli battaglie della Prima Guerra mondiale dove per la prima volta i tedeschi usarono il letale gas chimico, chiamato appunto “iprite”.

DOVREMO TUTTI RENDERE OMAGGGIO AI VALOROSI CADUTI DI QUELLA IMMANE GUERRA!!!

ALLORA...IO DICO...LIBERIAMO ANCHE L'OMICIDA DI TREVISO!!!




VI LASCIO CON UN'ARTICOLO INTERESSANTE DEL SEMPRE IRRIVERENTE MASSIMO FINI DA CUI PRENDO SPUNTO ANCHE DA UNA RIFLESSIONE DI UN CARISSIMO AMICO..IO DICO...MOBILITIAMOCI PER TUTTI SE DOBBIAMO FARLO...PER SAKINEH...PER LAURA...PER SABRINA MISSERI(CHE COME LAURA E SAKINEH E' STATA COMPLICE E MANDANTE FORSE DELL'OMICIDIO DI SARAH SCAZZI!!!)

A VOI IL COMMENTO!!!!

pubblicato su Il Fatto il 21 settembre 2010

Io propongo un appello e una mobilitazione internazionale per Laura "subito libera". Chi è costei? È Laura De Nardo, la donna di 61 anni di Conegliano (Treviso) che è stata sbattuta in galera perché accusata di aver tradito il marito e poi di averlo fatto accoppare da un paio di suoi amanti. Che differenza c'è con Sakineh, la giovane iraniana per la quale tutto il mondo occidentale si è mobilitato, che dopo aver tradito il marito lo ha fatto accoppare dal proprio amante? Certo la De Nardo rischia solo l'ergastolo, mentre Sakineh è stata condannata a morte per lapidazione. Ma buona parte della mobilitazione occidentale non chiedeva semplicemente che all'iraniana fosse risparmiata una punizione così arcaica, voleva Sakineh "subito libera". Davanti a una gigantografia della bella Sakineh che, per iniziativa del governo italiano, campeggia da giorni davanti all'ingresso di Palazzo Chigi (pretendo che un'altrettale iniziativa sia presa per la sessantunenne De Nardo, che a differenza di Sakineh è vecchia e per nulla attraente, non potendo nemmeno immaginare che le femministe italiane, che tanto si sono battute per l'iraniana, facciano dei distinguo di questo genere), il ministro degli Esteri Franco Frattini e quello per le Pari Opportunità Mara Carfagna hanno dichiarato: «Finché Sakineh non sarà salva e libera il suo volto ci guarderà dal palazzo del governo italiano.» Nelle molte manifestazioni che si sono svolte nei giorni scorsi si inneggiava alla libertà di Sakineh. E nello stesso appello di Bernard Henri Levy, che ha dato inizio alla campagna, se ne pretendeva la scarerazione immediata. Ma da questo punto di vista Laura e Sakineh sono sullo stesso piano: non sono due perseguitate politiche, ma detenute comuni accusate entrambe dello stesso reato, l'uxoricidio per poter continuare in santa pace le loro relazioni adulterine.
Dice: ma non ci si può fidare dei Tribunali iraniani. E perché mai ci si dovrebbe fidare di quelli italiani, quando sono quindici anni che il presidente del Consiglio, tanto certo dell'iniquità della nostra giustizia da pretendere di esservi sottratto per legge, va dicendo che «i giudici sono dei pazzi antropologici» e afferma che la Magistratura in Italia «è il cancro della democrazia», concetti ribaditi in un recente convegno internazionale ad altissimo livello, cui partecipavano coreani, giapponesi, americani, canadesi, australiani, neozelandesi oltre che rappresentanti dei Paesi europei, sputtanando così l'Italia del diritto, e l'Italia tout court, davanti al mondo intero?
Quindi Laura De Nardo "subito libera". E sono certo che Bernard Henri Levy, difensore professionale dei "diritti umani" in ogni parte del globo, non si sottrarrà al dovere morale di firmare questo appello.

Massimo Fini

….ABBIAMO TROVATO IL MALE DELL’ITALIA… LA LEGGE ELETTORALE!!!!!!!!



Legge elettorale, Fli: pronti a nuove maggioranze Il Pd raccoglie la proposta: "Accordi trasversali"





Roma - "Esiste già una maggioranza alternativa, tanto alla Camera quanto al Senato, in grado di ritrovarsi sulla modifica della legge elettorale. Se qualcuno cerca un pretesto per andare a votare, lo sappia. Solo dopo si potrà tornare al voto". A un giorno dalla riunione dei parlamentari di Fli, convocata da Fini per porre le basi del nuovo partito, il capogruppo alla Camera Fli Italo Bocchino lancia un avvertimento a Pdl e Lega: "E' l’ora di passare dalla sovranità padronale a quella popolare. Si può pensare, in caso di dimissioni del premier, a un governo con l’obiettivo della cancellazione del porcellum". Un'apertura subito raccolta dal segretario del Pd, Pierluigi Bersani, che avverte: "Le leggi elettorali non le fanno le maggioranze di governo ma le fa il parlamento con chi è disposto a convergere".
Bersani raccoglie la proposta "Sulla legge elettorale non si stabilisce una maggioranza di governo - commenta Bersani - ma una maggioranza parlamentare che si esprime sulle regole". "Da sempre diciamo che abbiamo una legge elettorale vergognosa, che consente la nomina dei parlamentari, la subordinazione della maggioranza al governo, e che ha portato e può portare ancora un sacco di guai al Paese", aggiunge il segretario del Pd a margine di un incontro organizzato questo pomeriggio a Palermo con i vertici regionali del partito. "Non da oggi siamo disponibili a concordare una nuova legge elettorale - continua Bersani - perché la legge la si fa in Parlamento, non con le maggioranze e le minoranze ma con chi è disposto a convergere".
Bondi: "Ipotesi trasformista" "E' una plastica esemplificazione del trasformismo parlamentare e punta ad affossare il bipolarismo per ritornare agli amati riti della partitocrazia". Secondo Sandro Bondi, coordinatore del Pdl, l’auspicio di Bocchino "fa chiarezza sulle intenzioni" dei finiani: "Se Fini dovesse condividere e seguire la proposta di Bocchino si formerebbe un fronte trasversale costituito anche dalla sinistra e dall’Udc, plastica esemplificazione del trasformismo parlamentare, della manipolazione più sfrontata della volontà popolare, della volontà di affossare il bipolarismo per ritornare agli amati riti della partitocrazia".
Cicchitto: "Teoria sorprendente" "Siamo sorpresi di fronte alla riproposizione della teoria della intercambiabilità delle alleanze - replica immediatamente Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera - per noi la strada maestra rimane quella della governabilità. Evidentemente reale, e non logorata da mille trabocchetti e distingui". "Su questo terreno la verifica è solo affidata ai fatti. Quanto alle polemiche sulla legge elettorale, esse sono per larghi aspetti pretestuose. In primo luogo, volendo togliere il premio di maggioranza, in effetti si toglie al popolo la facoltà di scegliere il Presidente del Consiglio e anche la maggioranza parlamentare - continua Cicchitto - per quello che riguarda altri sistemi elettorali, quello fondato sull’uninominale comporta che le scelte decisive sono fatte dalle segreterie dei partiti nell’attribuzione dei collegi. Quello fondato sulle preferenze vedrà al Sud sovrapporsi due opposte tendenze capaci di inficiare la regolarità e la tranquillità delle elezioni:da un lato un possibile condizionamento della criminalità organizzata sulle preferenze, dall’altro - conclude Cicchitto - l’uso politico della giustizia per cui alcune procure possono eliminare candidati e partiti".


Buongiorno a tutti carissimi lettori!!!ho postato questo articolo apparso su “Il Giornale” riguardo agli accordi trasversali per un nuova legge elettorale e volevo porvi alcuni riflessioni che sarò pronto a discutere con voi come sempre!!!

In questa fase politica scialacquata e dir poco farsesca abbiamo capito che il male assoluto del nostro bel paese non è l’uscita dalla crisi, la salvaguardia del proprio posto di lavoro, la diminuzione della disoccupazione, una sanità ed una scuola più efficiente, una giustizia più equa e veritiera…il ricredersi da parte della classe politica dalla vergognosa figura a cui ogni giorno siamo abituati…abbiamo capito che IL MALE ASSOLUTO per taluni politicanti è LA LEGGE ELETTORALE!!!!!

Una riflessione mi viene spontanea…con tutti i problemi che un grande paese come il nostro ha dobbiamo proprio impuntarci su quello che ai nostri (e solo ai nostri occhi sembra il male minore???)Cari lettori purtroppo lo abbiamo capito solo noi e poi altri con sale in zucca in parlamento…

Questa riflessione che ai più può sembrare populista e retorica nasconde altresì una più profonda riflessione che va a sviscerare la triste essenza della nostra classe politica…ormai siamo abituati a spot e a propagande continue a destra e a manca…e la nostra classe politica priva di argomenti vive di espedienti polemici per “tirare a campà”…
In questi mesi siamo stati obbligati forzatamente ad assistere a campagne medianiche del niente…a “baruffe chiozzotte”(non me ne voglia il goldoni) del nulla…all’imperversare inesorabile del gossip politico…al darsi colpe reciproche…ad indagare morbosamente sugli affari degli avversari…ricordate???siamo partiti dalla liason Berlusconi – Noemi…siamo passati a Scajola reo di aver commesso il reato di “furbizia”(e chi non l’avrebbe fatto al suo posto!!) a Fini e all’inciucio Tulliani – casa a Montecarlo(se devo pesare le due vicende Fini c’è dentro molto di più di Scajola!!)…prima ancora la decennale questione sul conflitto di interessi(cari “compagni”…2 volte avete potuto fare una legge ma alla fine siete stati, con le vostre contraddizioni, i veri alleati del vostro peggior nemico!!)o la ventennale questione del “federalismo fiscale”( ormai di ampolle, dita medie alzate, ombrelli e quant’altro siamo ahimè abituati)…tutti creati ad hoc per celare una sola realtà..la più dura da ammettere…LA MANCANZA DI IDEE, VALORI E PROGRAMMI tali da essere appetibili a noi cittadini elettori e spettatori di questo scempio politico-social-economico!!!

Questa è la verità signori miei!!!!IO SONO UNO DEI PIU’ FERMI SOSTENITORI DI QUESTA LEGGE ELETTORALE …a mio parere non peggiore di quella che l’ha preceduta(ricordate quando ci chiedevamo se nonostante le preferenze ci fossero comunque decisioni dall’alto dei partiti???) e se andate a ben guardare come è strutturata consente a chi vince di avere un premio di maggioranza e quindi la grande chance di avere la GOVERNABILITA’(parola dal sapore agrodolce con retrogusto acre,ormai scomparsa dal vocabolario politico)….cero non il pluralismo politico che tanto vorrei e che consentirebbe più sfumature al vivere politico nel nostro paese…la legge è perfetta e ne abbiamo avuto la riprova con questo governo, il quale gode di una delle maggioranze più ampie della storia repubblicana…a differenza di quello che l’ha preceduto… e questo non perché è giusta una volta sì e una no la legge elettorale, altresì per la VALIDITA’ del programma proposto!!!Solo così si p






Solo così si può essere veramente appetibili all'elettorato e dimostare la validità della politica, ormai fatta anche di questioni etiche...e non solo prettamente tecniche...
Questa legge sarebbe perfetta non per l'idea di bipartitismo morta in pochi mesi ma per la possibilità, ripeto, di dare STABILITA' al Paese!!!invece siamo qui spettatori di questo scempio political-mediatico guidato dalla banda dei "voltagabbana" capeggiati dall'INNOMINATO (non posso dirvi però chi è perchè se è innominato lo deve essere pienamente!!!!sennò che innominato è Fini...oops!!!l'ho detto!!!)che si accordano come ai tempi del CAF(adesso DBC...Di Pietro,Bersani e Casini...sembra una malattia grave il DBC vero??) solo per avere un posto al sole visto che temono di vagare nell'ombra...
QUINDI UN CONSIGLIO A TUTTI VOI...NON FATEVI TENTARE DA QUESTI ABBAGLI CHE CELANO UNA POCHEZZA MORALE, POLITICA,SOCIALE,ECONOMICA E SOPRATUTTO VALORIALE DELLA NOSTRA CLASSE DIRIGENTE, IMPEGNAMOCI NOI NELLA NOSTRA OPINIONE PUBBLICA A FAR CAPIRE CHE DELLE CHIACCHERE E DELLE "BARUFFE" SIAMO ARCISTUFI E CHE FACCIANO FINALMENTE QUELLO PER CUI SONO STATI PAGATI...ALTRO CHE DITO MEDIO!!!
ALLA PROXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX!!!SEMPRE SULLE ALI DELLA LIBERTA'!!!!

DAVIDE ROSSIGNOLI.VICEPRESIDENTE DELL'ASSOCIAZIONE "DESTRA IN MOVIMENTO - CULTURA E POLITICA"

GRAZIE RAGAZZI.







QUESTO NON E' IL MOMENTO DELLE POLEMICHE E DEGLI SLOGAN...UN ABBRACCIO CARI RAGAZZI... E UN ABBRACCIO SOPRATUTTO A CHI ADESSO E' DISTRUTTO DAL DOLORE...TUTTO IL RESTO SONO CHIACCHERE...TUTTO IL RESTO E' NOIA.

SERVI!!!!!!



BUONASERA GENTILI LETTORI!!!RISCRIVO DOPO MOLTO TEMPO LASCIANDOVI UN'ARTICOLO INTERESSANTE DELL'IRRIVERENTE VENEZIANI CHE MOLTO FA CAPIRE IN QUESTI TEMPI DI "SERVILISMO" QUELLO CHE STA SUCCEDENDO NEL CAMPO DELL'INFORMAZIONE!!!A VOI IL COMMENTO!!!



Servi di Berlusconi. Eccola lì, la definizione all inclusive per indicare chi scrive sul Giornale, su Libero o per chi lavora in Mediaset o in Rai in area Pdl. La sento ogni giorno in tv, la leggo tra le righe di molti giornali, la ritrovo nei blog, a volte perfino in piazza e per strada e la sento risuonare nel miserabile teatrino della politica. Ah, con quale disprezzo appellano Il Giornale dei Berlusconi. Non vi dico poi di Belpietro e Sallusti per via della loro visibilità quotidiana in video. Ci sarà magari un legame tra questo disprezzo e l’attentato fallito a Belpietro, ma non voglio qui stabilire il nesso tra infamia e terrore, disprezzo e violenza. Vorrei affrontare il tormentone della servitù, che continua imperterrito anche quando Berlusconi critica i giornali amici e Feltri risponde in modo assai poco servile che quella è la porta e appena l’editore lo chiede, è pronto a infilarla. Per quel che mi riguarda, benché il più lontano possibile dal video o da incarichi redazionali, trovo traccia ogni giorno, a partire dai blog, di insulti del genere. Potrei dire che la cosa non mi tocca, che parlano gli scritti, la biografia, le scelte, ma direi una bugia: invece mi dà fastidio, anzi doppio fastidio, perché mi offende sul piano personale e perché offende la verità.
Ci sono servi di Berlusconi in giro? Ma certamente, figuriamoci. Un potente in un Paese come il nostro, abituato da secoli alla servitù e alla piaggeria, pensate che non abbia servitori? Se ci sono servi di piccoli satrapi e leaderini di latta, figuriamoci se non ci sono servi o adulatori di Re Silvio. Ho imparato a distinguere i servi attraverso tre test psicoattitudinali. Il primo è la sequenza causa-effetto. Se un giornalista ha modificato le sue convinzioni seguendo Berlusconi, ha molte probabilità di essere un servo. Se invece aveva quelle convinzioni prima che ci fosse Berlusconi, assai meno. Esempio: Feltri, e con lui Belpietro e altri, assumono posizioni di centro-destra già con l'Indipendente, prima che Berlusconi scendesse in politica (potrei dire anche di me, che fondai nel ’92 l’Italia settimanale e che sono di destra da quando sono mancino, cioè da sempre). I servi seguono il padrone, mica lo precedono nelle scelte. Dunque, non hanno quelle opinioni perché scrivono sul Giornale, ma il contrario: scrivono sul Giornale perché hanno quelle opinioni. La controprova è che con opinioni così non ti prendono mica negli altri grandi giornali italiani, tantomeno ti offrono direzioni o ruoli di punta; non puoi mica esprimere altrove, nella stampa «libera», quel che pensi, se pensi che Berlusconi sia preferibile a Fini, Casini o alla sinistra.
Il secondo test è vedere se mutano opinione col mutare degli interessi del presunto padrone. Valutate voi se e chi lo ha fatto. Prescindo da me, mi sarebbe troppo facile dimostrare le tante volte che esco dai cori, incluso quello minore, berlusconiano. Mi limito a fare un paio di esempi. Tutto potete pensare, cari lettori, del caso Boffo meno una cosa: che sia stato utile al Capo e voluto da lui. Non mi pare affatto che abbia tratto giovamento politico. E le inchieste su Fini hanno giovato al premier in misura almeno pari alle volte in cui gli hanno nuociuto o creato problemi. Se ho ben capito Feltri, il suo interesse primario, non negoziabile, come si dice oggi, è avere successo con i giornali, vendere di più, accrescere i lettori, sanando i bilanci. D’altra parte uno come noi che fa la professione vanitosa di firmare, tiene prima di tutto al suo buon nome, e trattandosi di gente ormai avanti negli anni e benestante, non ha certo bisogno di qualcuno che gli dia la paghetta e il mangime. Se sentite i politici parlare in privato di costoro dicono: «è incontrollabile», o come disse di me un comiziante subacqueo ponendo un veto, «è ingestibile». Giusto, ingestibile; si gestiscono le rivendite di sali e tabacchi, mica le idee delle persone libere e pensanti.Ma il terzo e più efficace test per misurare la servitù è il seguente: provate a immaginare cosa resta di quel vero o presunto servitore senza il suo padrone o senza l’incarico che ricopre. Se resta poco o niente, vale poco o niente. Se restano i suoi scritti, le sue idee, la sua credibilità, i suoi lettori, allora è difficile che sia un servo. In questo periodo vedo tante arroganti nullità che troneggiano in video e sui giornali solo a titolo di concessionari del loro capo. Se gli togli quella qualifica sono zero. Beh, mi pare che la definizione di servo si addica a loro. Non sono invece dell’idea di ricambiare la rozzezza e chiamare servi quelli che non la pensano come me. Potete avere il peggior giudizio di Santoro o Travaglio, di Scalfari o Eco, ma non chiamateli servi perché non lo sono. Immaginate se un giornalista di destra diventasse come accadde a Gad Lerner direttore del Tg1 con il governo di centrosinistra e pure portavoce del premier: sarebbe subito bollato come servo. Lerner ha le sue convinzioni che non condivido per niente, ma non era certo un servo.
Insomma occorre ripristinare un galateo della stampa e la civiltà del rispetto reciproco. Durante il primo conflitto nelle pause della guerra, i soldati in trincea si scambiavano perfino le sigarette e si parlavano tra loro, salvo poi riprendere a spararsi. Accadde per esempio a Junger e a Drieu La Rochelle che militavano su opposte trincee. Se accadeva in guerra, a maggior ragione dovrebbe accadere in tempo di pace e democrazia (anche se mi riferiscono che un leader avrebbe detto: «Io sarò politicamente morto ma mi porterò nella tomba Berlusconi»).
Nella nostra stampa, più che il servilismo o il presunto bavaglio, il vero male è il conformismo del politicamente corretto, l’allinearsi alla casta, alla cosca, alla setta. E lì, vi assicuro, i berlusconiani non sono coro ma minoranza ed esprimono, pensate, una cultura di opposizione anche se hanno dalla loro parte il premier e forse la maggioranza degli italiani.

STRINGIAMCI A COORTE!!A SCIPIO QUELLI DELLA LEGA HANNO ROTTO L'ELMO!!


BUONGIORNO A TUTTI!!!TORNO A SCRIVERE SUL BLOG PER NON PENSARE IO MA FAR PENSARE GLI ALTRI...E PER QUESTO VI PROPONGO UN'ARTICOLO DEL SEMPRE IRRIVERENTE VENEZIANI CHE BEN RIASSUME IL RELATIVISMO STORICO/PATRIOTTICO DEL NOSTRO SCIAGURATO PAESE...A VOI L'ARTICOLO E POI LE MIE PERSONALI CONSIDERAZIONI!
Tricolore, Inno e Crocifisso: il Paese riscopre i suoi simboli civili e religiosi solo quando vengono dimenticati o offesi. E così tocca dir grazie alle intemperanze dei «padani» se oggi si è riacceso il fuoco sacro per Garibaldi e Cavour.


Il Tricolore languiva nelle canti ne dell’oblio fino a quando qualcuno decise di denigrarlo e usarlo per scopi indegni e allo ra riprese a sventolare nei no stri cieli. Fratelli d’Italia era di ventato un inno mimato solo nelle partite della Nazionale mentre i calciatori masticava no i chewing gum, fino a quan do qualcuno lo disprezzò e allo ra si propose di cantarlo tutti, in ogni occasione ufficiale e perfino obbligatoriamente. Il Crocifisso calava giorno dopo giorno dai muri dei pubblici uffici, fino a quando qualcuno decise di offenderlo o addirittura di rimuoverlo per decreto. E allora si propose di difendere la sua pubblica affissione in casa e in Europa. Insomma, ci stavamo abituando a un’Italia incolore e multicolore, a un’Italia di figli unici e muti, senza fratelli e senza inno cantato, a un’Italia senza crocifisso; fino a che leghisti, filoislamici, atei e laicisti ci hanno stuzzicato a tal punto da resuscitare amor patrio e amor di Cristo. Quanti insospettabili patrioti e osservanti abbiamo scoperto per contrasto negli ultimi tempi. Io me li ricordo i patrioti di oggi cosa dicevano fino a poco tempo fa e con che aria di ironico compatimento, se non di acida disapprovazione, guardavano ai fautori dell’amor patrio. Dicevano che la patria era un’anticaglia nell’epoca della globalizzazione e dell’internazionalismo, che era il rifugio dei mascalzoni o il privilegio di lorsignori, che il patriottismo era una maschera del nazionalismo se non del fascismo; che era retrò, stucchevole, oleografico oggi che c’è l’Europa il richiamo all’unità nazionale. E me li ricordo i difensori odierni dei crocefissi che fino a qualche tempo prima pensavano naturale e moderno e liberale lasciar scolorire pian pianino quei segni di fede dalle aule pubbliche. Erano considerati da loro segni confessionali di un’Italia ormai superata e ancora clericale. Poi, improvvisamente, è bastato qualche accenno di nemico e tutti lì a suonare l’allarme per la patria in pericolo, per l’unità nazionale minacciata dagli atroci padani e per l’Italia cattolica minacciata dai feroci saladini e dagli atroci ateocrati di estrazione massonica, tecno-euro-burocratica. Dobbiamo dunque dir grazie a Bossi, Zaia e Calderoli, a qualche ayatollah del laicismo ateo o a qualche garante delle religioni altrui, se oggi si è riacceso qualche fuocherello per i simboli civili e religiosi della nostra tradizione. Siamo un Paese col motore a reazione, nel senso che abbiamo bisogno di reagire a qualcuno per riscoprire ciò che ci identifica e ci lega. Se ci minacciano una cosa a cui non tenevamo più, allora reagiamo e facciamo barricate per tutelarla come un bene prezioso; se nessuno ci minaccia siamo pronti a lasciarla languire e perfino morire. Prendete le commemorazioni per l’Unità d’Italia. Se non ci fosse stata qualche polemica leghista, sanfedista e papista e qualche sberleffo, chi si sarebbe occupato veramente delle sue celebrazioni? Se non avessero insultato o spernacchiato Garibaldi e i Savoia, ne avremmo parlato con un rinato, inatteso fervore? E se non avessero offeso, umiliato, la nostra religione, diffamando i papi, i vescovi e i preti sui temi del nazismo o della pedofilia, qualcuno avrebbe difeso Cristo, la Croce e la Chiesa? Non so quanto potranno durare e lasciar tracce in profondità, un amor patrio e cristiano così relativi, occasionali e precari. Ma capisco ormai una cosa: se vuoi ottenere una cosa in Italia devi eccitare il suo contrario. Se vuoi salvaguardare la poltrona a qualcuno devi dire che vogliono farlo fuori; e se vuoi impedire che qualcuno ottenga una poltrona lo devi dire in anticipo sui giornali per suscitare indignazione e veti incrociati: è quel che si chiama bruciare una candidatura. In un Paese di martiri presunti e di vittimisti veraci, per tenerti una cosa, una casa, un incarico, devi denunciare che stanno per togliertela: è capitato a tanti gay, immigrati, nomadi, ebrei, donne, che sono riusciti a salvarsi denunciando preventivamente una discriminazione ai loro danni. Sfratti, direzioni di istituti, incarichi di potere, premi sono stati bloccati in questo modo. Ma queste sono furbate, nel caso del tricolore, dell’inno e del crocifisso l’attacco c’era ma alla fine è stata una grazia. È quel che i filosofi chiamano eterogenesi dei fini, quando i risultati rovesciano le intenzioni. Oggi l’amor patrio è tenuto in vita da pochi leghisti, l’amor di Dio da pochi atei, l’amor della Chiesa da pochi anticlericali. Quanto potrà durare questo patriottismo per dispetto e per furbizia di marketing? Se il contrappasso è la legge invisibile del nostro Paese, aspetto con ansia che cessi la campagna contro i privilegi, i supercompensi, gli enti superflui; chissà che, finendo di denunciare gli abusi e gli sprechi, si cominci a tagliare sul serio. Se ami l’Italia prendila a botte.


COME DISSE IN UN BARLUME DI SAGGEZZA L'INNOMINATO FINI..."SIAMO ALLE COMICHE FINALI"
E LO SIAMO PROPRIO!!!PENSAVO FOSSIMO IN UN'EPOCA IN QUI IL RELATIVISMO LA FACEVA DA PADRONE...IN CUI IL DARSI ADDOSSO PER CELARE LE DEBOLEZZE POLICO-MORALI E CULTURALI FOSSE IL "LIBERA NOS A MALO" DEI GIORNI NOSTRI...MA ARRIVARE A QUESTO CRETINISMO NON LO PENSAVO PROPRIO!!!E HA PROPRIO RAGIONE VENEZIANI!CI SIAMO COSI APPIATTITI CHE DOBBIAMO PRENDERCI A PESCI IN FACCIA PER CAPIRE CHE PUZZIAMO DI PESCE MARCIO...MARCIO COME LA NOSTRA CONSIDERAZIONE SULL'ITALIA...DOBBIAMO INFERVORARCI SOLO QUANDO LA LEGA DA' IL MEGLIO DELLA SUA IGNORANZA-MANAGEMENT...E CREDETEMI NON SONO LEGHISTA E NON LO SARO' MAI, MA DEVO DARE ATTO CHE HANNO UNA TEMPISTICA NIENTE MALE NEL PARLARE ALLA GENTE...E MENO MALE A STO PUNTO CHE CI SONO...SENNO' SAREMO GIA' TUTTI RINCOGLIONITI DALLE BARUFFE CHIOZZOTTE DEL PDL E DALL'ALLEANZA ANTI-CAV DELLA SINISTRA CHE SA(NEANCHE POI TANTO)STARE UNITA SOLO QUANDO E' ALL'OPPOSIZIONE O MEGLIO...QUANDO USANO IL LORO LOBO CEREBRALE PER FARE SOLO UNA COSA(DUE SONO TROPPE DA TENERE)...DARE ADDOSSO AL CAVALIERE!
CAVALIERE CHE AMATO (IO NO) O DISPREZZATO(NI) HA SEGNATO UN'EPOCA IN CUI CI SAREBBE STATA LA NOIA ETERNA...MA VI PENSATE SE NON CI FOSSERO STATI GLI SCONTRI SUL CONFLITTO D'INTERESSI?SUI PROCESSI?(CHE SONO GIUSTI E DEVONO FARE IL SUO CORSO E CONDANNARLO SE NECESSARIO)SULLE SUE DOTI DI TOMBEUR DE FEMME?SULLE SUE RUGHE?SUI SUOI SCHERZI?SUI SUOI CUCU' AI GRANDI DEL MONDO??NON CI VOGLIO NEANCHE PENSARE...SAREMO ARRIVATI AL PUNTO DI SORBIRCI I SOPORIFERI FALSI SINISTRORSI DISCORSI DEI POST COMUNISTI(A STO PUNTO ANTI/COMUNISTI)PROBABILMENTE CI SAREBBERO PIU' TRANS PER ALIMENTARE LA LUXURIA DEGLI ESPONENTI DI SINISTRA...GRAZIE A LORO ABBIAMO SCOPERTO CHE I FURBI SONO FASCISTI E LORO SONO GLI "AGNELLI" (A CUI HANNO DATO SOLDI PER 70 ANNI..)MEGLIO IL CONFLITTUALE,AMATORE CAVALIERE DELLA NOIA A STO PUNTO NO??TANTO QUI NON SI PARLA NE' DA UNA PARTE NE' DALL'ALTRA DEI VERI PROBLEMI DELLA GENTE...E FORSE IL TANTO DECANTATO LEGITTIMO IMPEDIMENTO DOVREBBERO DARLO (PER GOVERNARE) A QUESTI BRAVI SOLONI CHE NON SANNO FARE ALTRO CHE LITIGARE PER NIENTE..
SCIPIONE O SCIPIO PER GLI AMICI...PRESTAMI UN PEZZO DI ELMO CHE GLIELO LANCIO IO IN TESTA!!!

La partigiana Fallaci fa a pezzi l’antifascismo.




da "IL GIORNALE" - 10 Maggio 2010

di Marcello Veneziani

Ci voleva la zampata postuma di Oriana Fallaci, da morta, per rianimare il dibattito sulla cultura italiana. Ieri hanno fatto brillare una mina lasciata dalla bellicosa Oriana in una lettera inedita di dieci anni fa. È una lettera su Gentile, Croce e la viltà degli antifascisti, dura e schietta come nella prosa fallaciana, scritta a Chicco Testa e resa nota dal Riformista. In questa densa lettera (scritta a fine luglio del 2000), la Fallaci dice quattro cose: che l’assassinio di Gentile fu una carognata ingiusta e vigliacca. Che Gentile non era fascista. Che gli antifascisti furono dei «cacasotto» perché uccisero un grande e inerme filosofo mentre non ebbero il coraggio di sminare i ponti di Firenze che i tedeschi avevano minato. E infine, che avrebbero dovuto ammazzare Croce, che, parole sue, all’inizio «leccò il culo» a Mussolini, come molti intellettuali «che poi sarebbero diventati numi del Pci». In quattro mosse la Fallaci descrive con la sua brutale franchezza il Novecento intellettuale italiano.
Sì, l’assassinio di Gentile fu una carognata, ingiusta e vigliacca, ha ragione la Fallaci. Ma la cosa più grave che alla Fallaci sfugge fu che Gentile non fu ucciso perché fascista intransigente, ma al contrario perché puntava alla concordia, chiedeva a fascisti e antifascisti di sentirsi prima di tutto italiani e uniti nella tragedia della guerra. Questo non gli fu perdonato: non piaceva ai fascisti fanatici e spiazzava gli antifascisti feroci, in larga parte di estrazione comunista. De Felice distinse tra fascismo-movimento, radicale e rivoluzionario, e fascismo-regime, conservatore e autoritario. Io credo che esista anche un fascismo-partito e un fascismo-nazione, ovvero una visione militante e partigiana del fascismo; ed un fascismo-nazione che pensava al fascismo come al braccio secolare dell’Italia, nel senso che il fascismo era per loro la realizzazione dell’Italia nel Novecento, come il Risorgimento lo era stato nel secolo precedente; ma l’Italia era il punto fermo. A questa idea del fascismo-nazione aderirono Gentile e Rocco, Volpe e altri grandi. Anche la Repubblica sociale fu per loro una necessità storica ma non l’apoteosi del fascismo. Gentile vi aderì per coerenza col suo passato, Volpe si tenne in disparte, Rocco era già morto. Tutto il pensiero di Gentile era percorso dall’idea di unità, identità, comunità e non da quello di fazione e guerra civile.
Per la Fallaci, Gentile non era fascista; è una mezza verità. Sì, perché il suo pensiero si era compiuto prima che nascesse il fascismo: l’arco della sua teoria è già conchiuso nella prima guerra mondiale. Sul piano della cultura politica il suo fu un pensiero risorgimentale, percorso da un’idea della politica come religione civile e dello Stato come valore etico super partes. Con le pericolose controindicazioni totalitarie che sappiamo. La sua riforma della scuola non fu la più fascista delle riforme, come disse Mussolini, ma una grande riforma umanistica di idealismo educativo, percorsa da amor patrio. La sua «Enciclopedia» fu aperta a studiosi antifascisti. Ma la sua adesione al fascismo non fu un incidente di percorso e nemmeno un equivoco: l’idea dello Stato nel fascismo ebbe in lui il teorico più forte; la filosofia della guerra ebbe in Gentile la sua più alta elaborazione; il tentativo di annodare il fascismo al Risorgimento fu opera di Gentile sul piano filosofico e di Volpe sul piano storico. No, non fu occasionale il suo fascismo.
Dure ma veritiere poi le parole di Oriana Fallaci sugli antifascisti. Noto solo che quei partigiani non vollero sminare i ponti non solo per mancanza di coraggio, come lei scrive, ma perché -come insegna anche la vicenda via Rasella-Fosse ardeatine a Roma - c’era in alcuni capi partigiani la logica del tanto peggio tanto meglio. Ovvero le brutalità naziste potevano servire a generare un clima di odio verso i medesimi e i loro alleati fascisti, e quindi a legittimare la lotta antifascista, la guerra rivoluzionaria e le vendette più atroci.
Infine trovo ingiusto il giudizio della Fallaci su Croce. È vero che il primo Croce sostenne il fascismo e anzi lo alimentò anche teoricamente: le opere di Sorel, che furono breviari per il fascismo, le aveva portate lui in Italia. L’idea di un dittatore che rimettesse a posto l’Italia dopo il biennio rosso non dispiaceva a Croce. Ma pensava ad una dittatura momentanea, come ai tempi dei romani. E non dimentichiamo che, a differenza di Gentile, Croce non fu interventista; era e restava giolittiano. Poi, dal ’25 in avanti, avversò il fascismo, chiamò a raccolta gli intellettuali nel celebre manifesto, mantenne dignitoso dissenso, e pubblicò per quasi tutto il ventennio La Critica che fu una palestra di antifascismo. No, Croce non fu un «leccaculo» e nemmeno un voltagabbana.
E qui, infine, vorrei dire una cosa sugli intellettuali italiani. Li consideriamo opportunisti e vigliacchi, camaleonti e servili ma è giusto se ci riferiamo alle seconde file. I grandi intellettuali italiani del Novecento furono coerenti e pagarono di persona. Tralascio quanti combatterono o persero la vita nella prima guerra mondiale, interventisti intervenuti, ma dico Gentile e Gobetti, Gramsci e Martinetti, Rensi e Soffici, Bonaiuti e Ducati, Volpe e Marinetti o fra i più giovani Berto Ricci e Giaime Pintor. Alcuni furono uccisi, altri pagarono con l’emarginazione, l’esilio, la perdita delle loro cattedre. A differenza di altri intellettuali europei pusillanimi e defilati: penso ad esempio a Sartre o al grande Heidegger. Croce non patì per il suo antifascismo ma fu comunque sorvegliato e minacciato. Il vero errore degli intellettuali civili italiani fu che credettero alla coincidenza di cultura e politica, e così restarono prigionieri del loro sogno totalitario: dico Gentile, Gramsci, Gobetti. L’idea che cultura e politica coincidono fu la madre di tutte le più rovinose utopie e di quella brutta razza che fu l’intellettuale organico e asservito al potere.
Sciagurato è pure separare cultura e politica: più saggio è pensare alla loro continuità pur nell’autonomia delle sfere. Ma toglietevi il cappello quando parlate di loro, perché pagarono di persona le loro idee. E non confondeteli con la media, anzi con la marmaglia dei professori che giurarono per il regime e per le leggi razziali, pur essendo antifascisti, e poi saltarono il fosso. I mediocri galleggiano sempre, tra clan mafiosi e servitù; i grandi pagano la loro grandezza con la vita e la solitudine.

PRIMA GRANDE SERATA DI “DESTRA IN MOVIMENTO”!!!







Mercoledì 24 febbraio alle ore 20.30 presso la Sala Civica del Comune di Angiari(vr) si è tenuta la prima serata della nostra neonata Associazione "Destra in movimento - Cultura e Politica". Il tema della serata riguardava "La finanza agevolata per le piccole e medie imprese"; un tema molto sentito dai piccoli e medi imprenditori del basso veronese e di tutte le province del Veneto, tante infatti sono le piccole e medie realtà dei nostri Comuni e Province che portano posti di lavoro, creano ricchezza e fanno sì che la nostra Regione sia una delle più produttive in ambito nazionale ed in ambito anche europeo.
Proprio per questo "Destra in movimento - Cultura e Politica" ha voluto dedicare uno spazio a tutti questi piccoli e medi imprenditori di una realtà come il basso veronese, crocevia importante per tutta l'economia della Provincia di Verona, affinché possano conoscere quali iniziative ha preso la Regione in loro favore e quali prenderà nell'immediato futuro, considerando anche la tornata elettorale che vedrà tutti noi interpreti alle prossime elezioni regionali del 28/29 marzo 2010. Abbiamo avuto l'onore di avere come relatore un professionista in campo contabile, il dott.Corrado Regnoto, dott. commercialista e revisore dei conti e come moderatore il nostro caro amico associato, avv. Simone Lovato, Assessore agli affari legali del Comune di Angiari.
Questa serata ha avuto come testimone d'eccezione il prossimo candidato alle regionali Davide Bendinelli, già Assessore provinciale al Turismo e sport dal 1999 al 2004,attuale Assessore provinciale all'edilizia e al patrimonio nonché Sindaco di Garda già al secondo mandato e tutt'ora in carica; appoggiato dalla nostra associazione.
Il candidato Bendinelli del PDL veronese ha illustrato il suo personale programma politico e il progetto ancor più ambizioso di "Rifondazione"(consentitemi il termine)del PDL a livello provinciale e regionale e, facendosi patrocinatore dei malumori dell'elettorato pidiellino, vuole dare una svolta politica ad una situazione interna al partito che ha portato alla perdita di molti consensi elettorali passati poi alla Lega e al suo potere politico nel nostro Nord-est.
Proprio per questo la nostra associazione, il direttivo e gli associati tutti appoggiano Davide perché crediamo sia la persona giusta al posto giusto per tornare ad amare e far amare agli elettori la POLITICA, intesa come impegno politico, civico e amministrativo per la cittadinanza che si va a rappresentare e che ripone la sua fiducia a chi si mette gioco con serietà! !
Abbiamo avuto poi l'intervento del nostro presidente Angelo "Lino" Adamo che ha illustrato il progetto della nostra Associazione e ha motivato la scelta di appoggiare il candidato Bendinelli alle prossime elezioni regionali.
La serata poi è proseguita sulla via dell'illustrazione e del l'approfondimento del tema della serata: "La Finanza agevolata per le piccole e medie imprese".
Il dott. Regnoto ha disaminato in modo tecnico ma allo stesso tempo molto semplice quali sono gli strumenti in mano ai piccoli e medi imprenditori per ottenere sgravi fiscali e agevolazioni per le loro attività, per accrescere la loro produzione e tutelare i posti dei loro lavoratori dipendenti, proprio per sopperire alla crisi che attanaglia in questi due anni tutte le realtà produttive sì, ma che rischia di aggravare la posizione delle piccole e medie realtà locali in particolar modo. Molto utili a tal proposito sono stati i riferimenti alle leggi Regionali in vigore e a quello che si potrà fare proprio nell'immediato futuro post-elezioni.
La serata poi è proseguita con un interessantissimo dibattito che ha permesso il contraddittorio tra i tecnici nel campo e chi si trova ogni giorno a dover lottare per mantenere prospera e in salute la propria attività.
Infine ci siamo congedati ai cittadini promettendoci a breve un altro incontro di approfondimento su questo od altri temi inerenti gli interessi del Cittadino, salutando e ringraziando tutti i presenti, in modo particolare per la loro disponibilità, preparazione e bravura il Dott. Riccardo Regnoto e l'avv. Simone Lovato.

NOI TI SOSTENIAMO!!!


DESTRA IN MOVIMENTO CULTURA E POLITICA SOSTIENE IL CANDIDATO ALLE REGIONALI DAVIDE BENDINELLI

Regione, parte la corsa per il dopo Galan ELEZIONI. Il 28 e 29 marzo si vota per il rinnovo di Consiglio e Giunta del Veneto. Depositate le liste. Otto i candidati presidenti
Pdl e Lega con Zaia; Bortolussi (Pd); De Poli (Udc) e poi Panto, Polo, Caratossidis, Borrelli e Palmerini

A Il tavolo per la presentazione di liste e simboli in tribunale MARCHIORIMeno trenta giorni. Il 28 e 29 marzo si vota per decidere il governo della Regione dal 2010 al 2015, il dopo Giancarlo Galan, il forzitalista presidente per 15 anni che ora andrà a fare il ministro nel governo Berlusconi. Dal Monte Baldo alla Laguna di Venezia il passo non è breve. Verona alla periferia dell'impero veneto, si è sempre detto, alludendo alla storica distanza che Verona avrebbe dall'ente Regione. Ma i veronesi candidati al Consiglio regionale provano ancora una volta a smentire la storia, puntando a Venezia. Dove, peraltro, nel quinquennio che sta per chiudersi, hanno avuto quattro assessori e sei consiglieri.
In pista per il governo del Veneto ci sono otto candidati alla presidenza e, nella provincia di Verona, 16 liste per il Consiglio presentate in Tribunale (vedi le pagine successive). Oggi proseguono le verifiche della documentazione. Domani verranno proclamate quelle ammesse alle urne. Ci sarà tempo per eventuali ricorsi, poi ci sarà il sorteggio per l'ordine delle liste sulle schede. Gli otto candidati alla presidenza della Regione sono per il centrodestra Luca Zaia, sostenuto da Lega Nord, Popolo della Libertà e Alleanza di centro. Per il centrosinistra è in pista Giuseppe Bortolussi, in corsa per Partito democratico, Italia dei Valori, Federazione della sinistra, Sel-Psi, Idea e Radicali (quest'ultima lista è stata depositata pur non avendo raggiunto le firme necessarie, come quella della Liga Veneto Autonomo che però non è stata depositata).
Il candidato di centro è invece Antonio De Poli, in corsa per Udc e Unione Nord Est. Si presenta anche Forza Nuova, con candidato presidente Paolo Caratossidis; quindi Gianluca Panto per il Partito nasional Veneto, Silvano Polo per I Veneti, David Borrelli per il Movimento cinque stelle beppegrillo.it e infine Loris Palmerini, per Venetie per l'autogoverno. Il Consiglio regionale è formato da 60 membri, di cui 48 eletti con il sistema proporzionale e 12 con quello maggioritario.
A Verona intanto gli schieramenti affilano le armi per la campagna elettorale. Venerdì sera, in fiera, ha fatto il pieno — oltre 2.000 presenti — il ministro Maurizio Sacconi, intervenuto alla presentazione del candidato del Pdl al Consiglio regionale Davide Bendinelli, sindaco di Garda. Il poker di candidati del Pdl scaligero con chance di essere eletti è formato poi da Giancarlo Conta e Raffaele Bazzoni, rispettivamente assessore e consigliere regionale uscenti, entrambi ex Forza Italia come Bendinelli, e dall'assessore regionale uscente Massimo Giorgetti, ex An, ricandidato, che spiega: «C'è un accordo politico fra Lega e Pdl sul fatto che i consiglieri regionali eletti che diventeranno assessori dovranno dimettersi dal Consiglio». In base al numero di futuri assessori veronesi del Pdl — potrebbe essere uno; oggi sono due — e a quelli della Lega — potenzialmente due; oggi uno — si vedrà chi scalerà in alto dalle singole liste provinciali.
Intanto, il candidato del centrosinistra Bortolussi, dopo il deposito delle liste nelle sette province del Veneto, lancia segnali di battaglia ai suoi concorrenti: «C'è il futuro del Veneto in ballo», dice, «e chi non vuole un Veneto a guida leghista ha solo una scelta da fare.
Votare e far votare Giuseppe Bortolussi».
Enrico Giardini

AIUTIAMOLI!!C'E' BISOGNO ANCHE DI TE!!





AIUTIAMO LE VITTIME COLPITE DAL TERREMOTO AD HAITI.QUI DI SEGUITO TROVERETE COME POTRETE DARE IL NOSTRO CONTRIBUTO ALLE POPOLAZIONI MARTORIATE DA QUESTO TERRIBILE SISMA!GRAZIE!

Come contribuire
Per sostenere gli interventi in corso si possono inviare offerte a Caritas Italiana
tramite C/C POSTALE N. 347013 specificando nella causale:
"Emergenza terremoto Haiti".

Offerte sono possibili anche tramite altri canali, tra cui:
UniCredit Banca di Roma Spa, via Taranto 49, Roma
Iban: IT 50 H 03002 05206 000011063119

Intesa Sanpaolo, via Aurelia 796, Roma
Iban: IT 19 W 03069 05092 100000000012

Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma
Iban: IT 29 U 05018 03200 000000011113

CartaSi e Diners telefonando a Caritas Italiana tel. 06 66177001 (orario d’ufficio)



Agire onlus, appoggiata dal Ministero degli Esteri, dà la possibilità di donare 2 euro per ogni sms inviato al 48541 da cellulari Tim e Vodafone o tramite un telefono di rete fissa Telecom. Un modo semplice, rapido per sostenere chi, già nella povertà, ha davvero perso tutto.

L'INNOMINATO....




A VOI UN'ARTICOLO DI QUALCHE MESE FA DI MARCELLO VENEZIANI E 10 DOMANDE(TANTO DI MODA) A FINI E ALLA SUA CONVERSIONE...GRAZIE FINI...FINDUS...OOPS...INNOMINATO!!!



Il mistero di Gianfranco Fini è stato finalmente svelato. Tutti si chiedevano cosa gli fosse successo, perché avesse cambiato così radicalmente opinione; ma nessuno era in grado di spiegare il perché. Ora la spiegazione è arrivata dal libro “Il futuro della libertà” che è in libreria a firma Gianfranco Fini. Leggendo questo libro ci siamo accorti della verità. L’ex leader del Msi e di An ha un gemello omozigote che ha vissuto congelato fin dalla nascita in una cella frigorifera piena di libri. È stato condannato a leggere e studiare fino a diventare un intellettuale, a differenza del fratello parlante.
Questo gemello surgelato, che chiameremo Gianfranco Findus, ha trascorso la sua vita glaciale tra i libri; suo fratello il politico era condannato (…) agli orali, perché parlava nelle piazze, nei parlamenti e nelle sezioni; lui, invece, era condannato agli scritti, perché era costretto a leggere e scrivere e nient’altro. Ora è uscito finalmente allo scoperto pubblicando a firma del gemello politico il libro in questione. Nessuno degli entusiasti recensori e sviolinatori ha avuto il coraggio di dirlo, masi capisce lontano un miglio che l’opera andata in libreria non è stata scritta dal presidente della Camera ma dal fratello nella camera ibernata, l’intellettuale congelato. Lo sveliamo per tutelare la sua fama di politico e non consentire a nessuno di insultarlo come intellettuale o di sostenere che scriva libri «indipendenti dal suo pensiero», per usare una sua stessa espressione rivolta ironicamente verso il direttore di questo Giornale. Preferiamo dire la verità per evitare facili ironie sulla sua inaspettata cultura che finora era riuscito così bene a mascherare; e per prevenire insinuazioni su corsi universitari per corrispondenza o su lauree filosofiche prese al Cepu.
Nel libro del fratello surgelato e colto, autori che Fini il politico non ha mai citato, letto e conosciuto, vengono sciorinati con familiarità in un linguaggio che non è assolutamente
quello usato dal presidente della Camera, dai tempi del Fronte della gioventù a oggi. Ci sono riflessioni filosofiche e teologiche, sottili considerazioni sul nichilismo e sulla sociologia
tedesca, letture per addetti ai lavori, e una gragnuola inverosimile di citazioni, come non figurano nemmeno nei libri degli accademici più enciclopedici. E per modestia o per non caricare il povero fratello politico di oneri insostenibili, il professor Findus non ha pubblicato la bibliografia in fondo e nemmeno l’indice dei nomi. Al povero Bondi che chiedeva a Fini come mai non ha mai citato nel suo libro Berlusconi e non si è mai riferito al suo passato missino, la risposta è semplice: perché questo libro lo ha scritto suo fratello il professore che non conosceva né l’uno né l’altro vivendo nella cella frigorifera. Non c’è neanche un politico citato nel testo, ma solo filosofi, teologi, storici, sociologi, preferibilmente di sinistra, se non comunisti (Hobsbawm, Cassano, Schiavone, Caracciolo, Viesti, Galimberti, Ginsborg e lo stesso Marx). Ammazza come risalta la diversità da suo fratello, quanti riferimenti, allusioni anche velate ad altre opere, rimandi, citazioni implicite. A chi insiste nell’attribuire a Fini la responsabilità di questo libretto intellettuale a scopo pedagogico, propongo un test scagionatorio. Rivolgo le fatidiche dieci domande a Fini desunte dal libro a sua firma:
1) Ci spiega la teoria della crescita in Joseph Stiglitz da lei citata a p. 154?
2) Ci chiarisce se il suo riferimento alla libertà di o alla libertà da, discenda da Isaiah Berlin, da Friedrich von Hayeko da Ralf Dahrendorf (p. 151-3)?
3) Cosa l’ha più colpita del testo filosofico Vita activa di Hannah Arendt, così copiosamente citato (130 e passim)?
4) Pensa di poter applicare il concetto di società liquida di Zygmunt Bauman da lei citato a p. 125, anche alle società del familismo amorale descritto da Edward Banfield, da lei citato a p. 79?
5) Quando cita Alain Besançon definendo il comunismo e il nazismo gemelli eterozigoti (p. 47), allude anche all’eterotelia espressa da Jules Monnerot?
6) Perché preferisce il Nietzsche di Karl Löwith (p. 59) al Nietzsche di Martin Heidegger?
7) Complimenti per i testi filosofici sul razzismo (Gobineau, Rosenberg, Hitler) ma perché cita a tale proposito pure il Mito di Arminio (p. 56-7)?
8) Ama citare Christopher Lasch (p. 68 e passim): è alla sua Cultura del narcisismo che si ispira il suo capitolo dedicato appunto a Narciso?
9) Ci spiega cosa ha voluto dire quando, dopo aver citato Karl Popper e Federico Moccia, invita i giovani a non rifugiarsi «in quella stratosfera di sogni» (p. 124); e da dove le è venuta quella metafora svolazzante sull’«l’Italia-farfalla che dovrà presto librarsi nell’aria» (p. 104)?
10) Quali sono infine i testi di Peter Hahne (p. 75), di Maurice Duverger (144), Ernst Renan (131), Thomas Mann (57) e Arthur Koestler, le opere di Fourier, Owene Saint-Simon (53), di
Roger Scruton (50), Robert Conquest (49) Ulrich Beck, (20) e Pierre Teilhard de Chardin (10) citate nel suo libro? E Lazar, e Furet e Glucksmann, e Stuart Mill e Weber… e mi fermo qui per non spaventare il lettore.
Naturalmente chiedo di rispondermi in diretta, senza usare l’aiuto del pubblico da casa e del suo addetto stampa Aldo Di Lello, colto giornalista culturale che conosce quei testi. Sono certo che non risponderà e questo lo discolperà dall’infamia di essere un intellettuale. Fini è portatore sano del suo testo, potrà abiurarlo più facilmente di ogni altra abiura finora effettuata.
Ma finite le domande a Fini chiedo alla stampa italiana che ha recensito ammirata il libro del professor Findus: ma per voi non conta niente la verità, l’autenticità, il pensiero, l’autore? Per carità, i ghost writer ci sono sempre stati, famoso tra tanti il saggio su Proudhon di Craxi scritto da Luciano Pellicani; ma qui siamo alla sostituzione di persona, il gemello professor Findus al posto di Fini il politico. Ad ambedue rivolgo l’invito a vedere il film Sotto falso nome e a rileggere Il doppio di Otto Rank. Mi auguro solo una cosa: ora che il professor Findus è stato sbrinato, non vorrei che Fini andasse al suo posto nella cella frigorifero. Nascere dalla fiamma e finire in ghiacciaia sarebbe troppo.

Marcello Veneziani

DAL SITO DEL MIO "EX" SEGRETARIO....IL PERICOLO BONINO!!!




BUONASERA A TUTTI!!!!Riconducendomi al post del mio caro amico Bio(liberamente-bio.blogspot.com) non commento le decisioni dell'UDC che cerca di qua e di là un posto al sole ma volevo commentare una frase del caro amico Paolo sulla Bonino...e a tale proposito vi lascio un post del mio ormai "ex" segretario Storace in cui elenca il "conflitto di interessi" tanto decantato dalla Sinistra sulla candidatura della Bonino alle prox regionali laziali ed appoggiata da una sinistra alla frutta!!certo...chi è senza peccato scagli la prima pietra caro Storace ma almeno qui devo dargli ragione...a voi il commento!!!!alla proxxxxxxxxxxxxxxxxxxx!!!!


Se davvero sarà Emma Bonino la candidata del centrosinistra alle Regionali del Lazio, è bene non sottovalutarla. E preparare con cura – e come dice giustamente la Polverini senza bisogno di scendere nell’arena degli insulti – gli argomenti con i quali avvisare l’elettorato sulle insidie che porta con sé una ipotesi come quella radicale.
E’ lo Statuto della Regione a dover far riflettere. Ogni legge o delibera approvata in contrasto con lo Statuto – a meno che non si voglia addirittura modificare una Carta entrata in vigore nel 2004 e non nel 1948 – rischia di provocare tempi lunghissimi per gli inevitabili contenziosi.
Ed allora è bene che qualcuno prepari un memo alla Bonino.

L’articolo 5 dello Statuto, quello dedicato a Roma Capitale, prevede che “La Regione contribuisce a valorizzare Roma, capitale della Repubblica e simbolo dell’unità d’Italia, centro del Cattolicesimo e del dialogo fra i cristiani, luogo di incontro fra culture diverse e patrimonio storico e culturale universale”: occorre avere ben chiaro, in questo caso, il contesto istituzionale nel quale si è chiamati ad operare.

L’articolo 6, conoscendo la cultura politica della Bonino, è ancora più spinoso. Afferma testualmente, al secondo comma, che la Regione “riconosce il primato della persona e della vita”. Diciamo che risulterebbero francamente incompatibili con lo Statuto le iniziative abortiste di cui si è resa protagonista la leader radicale nel corso della sua battaglia politica.
Ancora, nello stesso articolo, segnaliamo il comma 10: la Regione “collabora con la Chiesa cattolica, nel rispetto delle previsioni del quadro concordatario nonché con le confessioni religiose con le quali lo Stato stipula intese, al fine di tutelare la dignità della persona e perseguire il bene della comunità, in conformità ai principi della Costituzione”. Credo che sia un principio molto chiaro, su cui non ci possono essere esitazioni, né colpi di testa.

Ci auguriamo, infine e per ora, che Emma Bonino voglia leggere con attenzione, il testo dell’articolo 7, dedicato allo sviluppo civile e sociale.
Assegna un compito importante, rilevante, fondamentale alla Regione, ovvero quello di riconoscere “i diritti della famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio” e di sostenerla “nell’adempimento della sua funzione sociale”. Non è carta straccia, è carta costituzionale della Regione Lazio, sono valori.

"Destra in movimento - Cultura e politica"

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sono un tipo socievole e grande appassionato di politica ed in genere di tutto quello che può far accrescere il proprio bagaglio culturale, sempre pronto a imparare da tutti e sempre pronto a confrontarsi con tutti, mi ritengo un'idealista,forse troppo a volte ma in questo periodo di poco idealismo mi tengo stretto questo lato del mio carattere. da poco sono entrato a far parte del partito "La Destra" e vado orgoglioso di questa mia scelta..anzi..se volete condividere con me questo impegno,anche per il nostro territorio contattatemi all'indirizzo mail ladestralegnago@virgilio.it